la Sindrome di Stendhal
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La poliziotta Anna Manni (Asia Argento) sta cercando di arrestare un serial killer. Le indagini la portano agli Uffizi di Firenze, luogo in cui, osservando le opere d'arte, è colta dalla sindrome di Stendhal e sviene. Anna viene soccorsa da Alfredo Grossi (Thomas Kretschmann ), il killer. Per la donna inizia un percorso mentale e indagativo in cui la fantasia si confonde con la realtà.
LA RECE
Primo approccio argentiano al digitale con effetti primitivi ma pionieristici, sviluppando temi di memoria e percezione già presenti nei suoi primi lavori attraverso immersioni nella realtà mentale della protagonista che sprofonda nelle opere d'arte. Il film mantiene manierismi argentiani efficaci ma crolla per l'interpretazione inadeguata di Asia Argento, ventenne spacciata per ispettrice, rendendo lo stile prevalente su una sostanza compromessa dalla recitazione.
Prima contaminazione argentiana con il digitale ma anche primo film del regista romano, ispirato dagli studi della psichiatra Magherini, a finire, drammaticamente, nel catalogo delle pellicole distribuite in USA dalla Troma. Grande sconforto per gli appassionati di argentate prima maniera l'approdare a un prodotto così riccamente abitato, sia in scrittura sia sul set, da Asia Argento. Tuttavia, a dargli un minimo di credito, il che significa concedergli una seconda visione, più di qualcosa ne la Sindrome di Stendhal si salva, anche perché, ad essere troppo severi con questo film, ci si troverebbe in grosse difficoltà la volta che si volesse esprimere giudizi su il Cartaio (2004), la Terza madre (2007) e Giallo (2009). Va riconosciuto il merito di un pionieristico uso del digitale, primitivo e in alcuni casi gratuito (le pillole nell'esofago) ma che, almeno, prova a cimentarsi con un cinema moderno e internazionale; si tratta di una computer grafica acerba ma, pur così, l'effettista Stivaletti, interpretando il gusto di Argento, riuscì a creare qualche sequenza d'effetto: il colpo di pistola che trapassa le guance, ad esempio, è un buon risultato. C'è poi tutto il discorso centrale della memoria e della (dis)percezione delle cose e dei particolari: la Sindrome di Stendhal vive di suggestioni hitchcockiane e noir ma, soprattutto, prosegue in modo evolutivo un discorso iniziato da Argento con l'Uccello dalle piume di cristallo (1970) e mediato da Blow-Up (1966) di Antoniani. Il deficit di memoria e la confusione percettiva perviene a una realtà psicotica in cui il reale e il mentale sono completamente con-fusi, e l'arte, prodotto di compromesso fra mente e realtà, è la chiave che spalanca questa folle dimensione intermedia. Che poi la sindrome di Stendhal come patologia mentale abbia poco a che fare con gli avvenimenti narrati, a parte lo svarione iniziale della protagonista, è un'altra cosa. Almeno in incipit, Argento gioca tecnicamente con il suddetto concetto, creando cambi di prospettiva interessanti con immersioni nella realtà mentale di Anna che, letteralmente, sprofonda nelle opere d'arte. il passaggio fra reale e irreale è reso in modo fluido (il passaggio fra Roma e Firenze aprendo una porta è magistrale) e Argento gestisce i mezzi tecnici e narrativi con innegabile bravura. Non mancano alcuni deliziosi manierismi argentiani: i primi piani, l'utilizzo del rosso e degli oggetti di quel colore, la lametta che taglia le labbra, il dialogo fra il killer e una delle sue vittime, il ritorno della Manni a casa del padre, e il delineare, in pochissime ed efficacissime immagini, i problemi fra padre e figlia. Il film, poi, subisce un arresto nella seconda parte, quando le indagini di Anna diventano didascaliche. Diventa banale e prevedibile la sua doppia personalità con echi depalmiani e, tolte le trovate registiche e tecniche, esplodono in tutta la loro forza i limiti degli interpreti. Regina di questi limiti, manco a dirlo, è Asia Argento con i suoi biascicamenti verbali e la sua resa slabbrata assolutamente incongrua con l'attitudine chirurgica del padre. Gusti personali, si dirà, ma che una ventenne (Asia è del '75) venga spacciata come ispettrice di polizia è veramente assurdo e, più in generale, è stancante trovare così spesso nei prodotti argentiani questa questionabile attrice, altrettanto spesso scritta in sceneggiatura come esempio paradigmatico della donna psicologicamente disagiata, sorte che, evidentemente, condivide con Margherita Buy e Laura Morante. Scena cult: Anna Manni tenta di indurre al sesso lo scarsissimo Marco Leonardi in una delle sequenze più squisitamente trash del cinema italiano anni '90; ironico, peraltro, dati i fatti di cronaca emersi più di venti anni dopo. Credibile Paolo Bonacelli nei panni dello psicanalista ma stanco, molto stanco nella sua interpretazione. Kretschmann, invece, che poi comparirà in film molto importanti, è un killer poco incisivo: pare Ivan Drago sotto amfetamina. Tuttavia, il vero problema di un film imperniato sul divenire di un solo personaggio, Anna Manni, è e rimane Asia e la sua sindrome. C'è da chiedersi cosa sarebbe stato del film se Argento avesse potuto avere in quel ruolo, come in effetti avrebbe voluto, Bridget Fonda, Jennifer Jason Leigh o Daryl Hannah; nessuna accettò e, quindi, si dovette ripiegare. Però si poteva citofonare a qualche altra casa, ad esempio a quella di Anita Caprioli, tanto per dire un'attrice non costosissima e migliore da tutti i punti di vista rispetto alla Argento. Così, come al solito per i lavori argentiani, lo stile prevale sulla sostanza, ma qui, ahimè, Dario Argento pare aver perso mordente anche nei suoi manierismi, spaesato come la protagonista della quale vuole raccontare.
TRIVIA
⟡ La Sindrome di Stendhal è un disturbo psicologico descritto clinicamente nel 1977 dalla psichiatra Graziella Magherini nel libro "La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell'arte". Il nome della sindrome deriva dallo scrittore Stendhal, al secolo Marie-Henri Beyle, che, nel 1817, descrisse di aver sofferto di un disagio psicologico, di carattere tendenzialmente psicotico, successivo all'osservazione di alcune opere d'arte. A quanto pare, leggendo la sua autobiografia, Dario Argento ha sperimentato la sindrome di Stendhal. Da bambino, durante un viaggio ad Atene insieme ai genitori, il giovane Dario, salendo i gradini del Partenone, fu pervaso da un senso di straniamento simile a una trance, cosa che lo portò a staccarsi dai genitori e a perderli di vista per ore. L'esperienza fu così forte che Argento non se la dimenticò mai e, non appena lesse il libro di Magherini, ripensò a quell'evento.
⟡ Si tratta dell'ultimo lungometraggio nel quale Giuseppe Rotunno, grande direttore della fotografia, ha lavorato.
⟡ L'effettista Sergio Stivaletti ci fa sapere, tramite il suo sito internet, che per la realizzazione di Matrix (1999) fu preso un po' spunto da la Sindrome di Stendhal per le sequenze con le pallottole.
⟡ Il sinistro score musicale di Morricone segue la stessa melodia proposta in un senso e al contrario.
⟡ La scena di Anna sott'acqua fu realizzata al mare e non in piscina. Il pesce che Anna bacia era un modello telecomandato che, pochi minuti dopo le riprese, smise di funzionare.
⟡ Per dipingere i muri del nascondiglio sotterraneo del killer furono ingaggiati diversi graffitari che, in una sola notte, dovettero riempire le pareti di disegni.
Regista:
Dario Argento
Durata, fotografia
120', colore
Paese:
Italia
1995
Scritto da Exxagon nell'anno 2007 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
