la Terza madre

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Voto:

Alcuni resti archeologici provocano la comparsa della Madre delle Lacrime (Moran Atias), il cui avvento è salutato da tutti i satanisti del mondo e dall'insorgere di innumerevoli atti di violenza. Sara (Asia Argento), che ha assistito al feroce omicidio della sua collega, si trova proiettata in una Roma dalle atmosfere apocalittiche. Grazie all'aiuto di poche persone, e dello spirito di sua madre Elisa (Daria Nicolodi), Sara cerca di stanare e sventare i pessimi piani della Terza Madre.

LA RECE

La trilogia argentana si conclude indecorosamente, anche se ad alto tasso gore. Tante le cose sgradevoli, dal precipitarci dentro personaggi televisivi azzimati come in una vendita di prodotti cosmetici, alla francamene insopportabile presenza della figlia del regista. Ma fosse solo questo... Un film che NON rivedrò mai, che è la cosa più grave che io possa dire di un film.

Ventisette anni di trepidazione. Ventisette anni in cui il mito argentano è stato trascinato in una lenta parabola discendente dipendente da diversi fattori, due dei quali sono il collasso del cinema fantastico italiano e la mancanza di fondi per produrre horror, in sinergia con l’inaridita vena artistica del regista romano. Anni in cui l'appassionato stava in attesa mentre Argento caldeggiava il terzo capitolo di un trittico iniziato con Suspiria (1977) e proseguito con Inferno (1980), due delle tre punte del tridente apicale del Dario nazionale (il terzo è Profondo Rosso, 1975). Dopo diverse peripezie produttive, la Terza madre trova realizzazione. La visione del film lascia presumere che Argento abbia tentato una sintesi del cinema fantastico italiano del trentennio '60/'80. Come Mario Bava apriva e chiudeva la Maschera del demonio (1960) a Villa Graps con la goccia di sangue che ridà vita alla Steele, così fa Argento con la Madre delle Lacrime. Inoltre, le esplosioni di violenza di questo film, il più delle volte immotivate ed eccessive, sembrano aver assimilato il gusto estetico del cinema horror anni '80, soprattutto quello di Fulci: il controllore in treno versa lacrime di sangue come la ragazzina in Paura nella città dei morti viventi (1980), Coralina Tassoni viene uccisa come visto in Quella villa accanto al cimitero (1981), Philippe Leroy è incatenato e torturato come in …E tu vivrai nel terrore - l'Aldilà (1981). Abbastanza naturale, poi, che, in un trequel, Argento riproponga situazioni e temi già presentati in altre sue pellicole che vanno a comporre una sua personale poetica. Così, la protagonista porta "inscritte" negli occhi le esperienze passate (Quattro mosche di velluto grigio, 1971), è terrorizzata sulle scale del suo stabile che rimangono al buio (l'Uccello dalle piume di cristallo, 1970), come Hemmings in Profondo rosso (1975) esplora la villa in un lungo piano sequenza, si rifugia in una cabina telefonica (Opera, 1987), spacca teste come ne la Sindrome di Stendhal (1995) ed emerge vittoriosa da un bagno composto da corpi putrefatti come la protagonista di Phenomena (1984), ridendo in maniera convulsa e quasi sinistra come Jessica Harper in Suspiria. Non solo la protagonista si fa carico degli elementi citazionisti ma abbiamo anche una scimmietta e una lancia scomponibile come in Phenomena e alcune riprese in esterna che riprendono quelle geometrie d’ambiente già viste nella Torino di Profondo rosso. Non è nuova neppure una certa sfiducia rispetto al lavoro delle Forze dell'Ordine e l'impegno dei profani per risolvere il mistero. Ora, dopo aver fatto lavoro di esegesi, ci si chiede se uno spettatore debba necessariamente fare questi sforzi storici per apprezzare un film che, nel complesso, lascia più che perplessi. Prima di tutto, Asia Argento non funziona affatto come, a mio modesto parere, non ha mai funzionato davvero bene in nessun film di suo padre, il che rende tale forma di nepotismo particolarmente antipatica e poco produttiva. Come accade quasi regolarmente nel cinema argentano, i dialoghi sono deboli e servono unicamente a fare da ponte da una sequenza all'altra, in questo caso specifico da un'esplosione di violenza all'altra. Stranamente, Argento passa dal vecchio tema dell'infanzia traumatizzata a questo nuovo approccio dell'infanzia uccisa e squartata. Lo stesso vale per il sesso, e spiace dover dire che la presenza dei nudi femminili è eccessiva e superflua. Oltretutto, il film carica il personaggio della Terza Madre di spaventose aspettative, quasi si trattasse di una Giunone onnipotente, mentre, in conclusione, il tutto si riduce a una modella che vive nel sottosuolo con un gruppo di sbandati ma che, evidentemente, trova il tempo di andare dall’estetista per depilarsi alla perfezione il boschetto (ok, magari provvede da sola). Onnipotente, poi... In tre secondi viene liquidata. Altrove viene piazzata una scena lesbo e, in un'altra sequenza ancora, una ripresa furbetta che mostra una tetta di Asia. Moran Atias come scelta per interpretare la Madre delle Lacrime, e il fatto di farla stare nuda davanti alla cinepresa, funge da richiamo per i teledipendenti che, al tempo, si godevano le grazie della modella israeliana in programmi contenitore in onda sulle reti nazionali. Uno dei tanti obbrobri dell'ormai rodata tendenza del cinema a far precipitare gente della tv sul grande schermo. La presenza di volti noti come quelli di Philippe Leroy e Udo Kier, in linea di principio, dovrebbe galvanizzare il cinefilo ma, in pratica, ai due vengono assegnati ruoli insensatamente marginali. Gli effetti protesici sono molto buoni, mentre per quelli digitali non si è fatto di certo riferimento alla Weta. Le musiche del regular Claudio Simonetti sono funzionali ma non memorabili. Quindi, in conclusione, ne la Terza madre, se pur presenti alcuni elementi che possono avere una certa presa per chi conosce l'horror italico, lascia delusi per il risultato complessivo. Migliore de il Cartaio (2004), quest'ultimo quintessenza del collasso dell’horror italiano a favore del prodotto televisivo, la Terza madre rimane una pellicola che può vincere solo paragoni di scarso livello. Voto 5 su 10 ma la testa mi dice che siamo anche più basso; tuttavia, c'è sempre quell'affetto verso Argento...

TRIVIA

⟡ Un tempo, nel cinema bis, ci si godeva le visioni di bottiglie di Punt e Mes, J&B, Cinzano, Pejo e altro. Adesso, Carpisa si guadagna tre, dico tre inquadrature di un mega cartellone alla stazione ferroviaria, mentre la Grande Punto della Fiat si dimostra molto resistente agli attacchi degli invasati.

Regista:

Dario Argento

Durata, fotografia

98', colore

Paese:

Italia, USA

Anno

2007

Scritto da Exxagon nell'anno 2011 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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