Wolf creek
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Voto:
Liz (Cassandra Magrath), Kristy (Kestie Morassi) e Ben (Nathan Phillips) girano l'Australia con spirito d'avventura e scelgono come meta il cratere meteorico noto come Wolf Creek. Nei pressi di quest’ultimo, il motorino d'avviamento della macchina si rompe. I tre vengono soccorsi fortunatamente da un cacciatore autoctono, Mik (John Jarratt), che sulle prime si rivela simpatico ma, sulle seconde, un serial killer.
LA RECE
Backwoods horror australiano che segue il classico schema del "tranquillo weekend di paura" con tre giovani che incappano nel sadico cacciatore Mick nell'outback. Il film passa da un inizio mistico e metafisico con richiami alti, ad un secondo atto fatto di torture e violenza viscerale senza particolare originalità. L'effetto, però, lo si ha. Ai suoi tempi piacque, ma ora non se ne parla più granché.
Con “backwoods brutality” si indicano quei film nei quali qualcuno s’avventura nella natura selvaggia quel tanto oltre la linea di demarcazione che divide la civiltà urbana da quella rurale che, isolata, si è involuta in una realtà senza legge pericolosamente prossima alla follia: incesto, stupro, tortura e cannibalismo, ovviamente ai danni degli improvvidi esploratori. Wolf Creek, che si fa forte del risaputo richiamo "tratto da una storia vera", si accoda alla compagnia fondata nel 1972 da un Tranquillo weekend di paura. Wolf Creek, girato in Australia, ha dalla sua un territorio di forte impatto visivo che spinge moltissime produzioni di laggiù ad assumere un'aura metafisica (Razorback: oltre l'urlo del demonio, 1983) che dà un valore aggiunto arty, tale da non farle risultare grossolane, anche se cose grossolane vengono mostrate. La prima parte di Wolf Creek è occupata da un lento inquadramento dei soliti fresconi in cerca di svago e natura. Gli sconfinati territori australiani, il suggestivo cratere meteorico, le discussioni sugli UFO e gli orologi che si fermano, voluta citazione di Picnick ad Hanging Rock (1975), non fanno che accrescere questa dimensione mistica così diversa da ciò che i protagonisti dovranno subire una volta incappati nel cacciatore Mick. La prima parte della pellicola che si conclude con toni da campfire tale con qualche rimando tecnico a the Blair witch project (1999) pare abbia stregato diversi spettatori, poi, però, lasciati a un più canonico seguito in cui abbiamo il folle di turno che dà sfogo alle sue libidini più torbide. Da un approccio metafisico si passa a un orrore viscerale fatto di torture e violenza con una netta preferenza, cinematograficamente ben collaudata, per la sofferenza femminile. Mentre Mick sevizia una ragazza legata al palo, mentre l'amica prova a liberarla, mentre si dà il via al gioco del gatto e il topo, l’orologio che si ferma è quello dello spettatore. Non si tratta di noia, poiché è difficile annoiarsi con Wolf Creek, piuttosto di un modello cinematografico proposto allo sfinimento e senza guizzi di originalità se non, in questo caso, l’outback australiano. In un mercato sovraffollato di pellicole del genere backwood brutality e torture-porn, i meriti del film di Mclean si riducono a due fattori: la capacità di realizzare un film tecnicamente valido e di buon intrattenimento con solo un milione di dollari e, in secondo luogo, aver ingaggiato attori che abbiano saputo offrire una buona performance. Fra questi, soprattutto John Jarratt, presente nel sopracitato film del ’75, che dà vita al sadico bifolco Mick, una sorta d'inversione oscura del simpatico Crocodile Dundee (1986). La curata fotografia del film coadiuvata dagli splendidi panorami australiani, la recitazione e la capacità di essere riusciti a massimizzare un budget limitato, fanno di Wolf Creek una pellicola dall'elevato rapporto qualità/prezzo; tuttavia, il film, preso per ciò che ha da raccontare, non risulta affatto originale e si dubita possa lasciare tracce permanenti nella memoria dello spettatore. Lo spettacolo, però, piacque e, da ciò, il sequel Wolf Creek 2 - la preda sei tu (2013), un terzo film in produzione che dovrebbe intitolarsi Wolf creek: legacy e il serial tv Wolf Creek (2016).
TRIVIA
Greg Mclean dixit: “A quel tempo mi stavo occupando di ci-nema e vedevo un sacco di film in Australia, grandi tecnicamente ma le performance non erano grandiose. Questo mi ha portato a studiare recitazione per un po', ma poi sono passato alla regia teatrale. Quindi, penso che sia venuto fuori il mio approccio al lavoro con gli attori, ovvero la consapevolezza che il casting è cruciale, […] Questa è la versione semplificata della lezione con la quale sono uscito dal National Institute of Dramatic Arts” (flicke-ringmyth.com).
⟡ Il film si basa vagamente su due differenti casi di cronaca nera. Il primo vide protagonista Ivan Milat che venne accusato di aver brutalizzato e ucciso sei turisti nel New South Wales negli anni '90. Il secondo caso riguarda Bradley John Murdock, condannato a 28 anni di carcere per aver ucciso un saccapelista inglese e aver stuprato la sua ragazza a Barrow Creek nel 2001. Quest'ultimo fatto di cronaca è stato ricostruito più fedelmente nel film, per la tv australiana, Murder in the outback (2007). Il ministero della Giustizia del Northern Territory chiese ai distributori di ritardare la premiere del film finché non si fosse concluso il processo a Murdoch, iniziato il 17 ottobre 2005.
⟡ Il cratere meteorico che si trova davvero nella parte occidentale dell'Australia, si chiama, in realtà, Wolfe (con la "e") Creek.
⟡ Il cartello all'entrata della miniera nella quale il killer tiene Ben, la indica con il nome Navithalim Mining Co.; si tratta del nome dell'assassino Ivan Milat al contrario.
⟡ Senza che ne fossero a conoscenza, i produttori scelsero per le riprese una miniera che era stato luogo dell’omicidio ai danni di una donna. La gente del luogo protestò pensando che il film fosse una ricostruzione cinematografica di quel fatto di cronaca.
⟡ La zona in cui furono girate la maggior parte delle riprese non aveva visto pioggia da almeno dieci anni. Iniziò a piovere non appena arrivò la crew.
⟡ Una coincidenza davvero sinistra accadde alla seconda unità di ripresa che si era recata al Wolfe Creek per catturare qualche inquadratura del cratere. Dal momento che la cittadina più vicina distava ore dal luogo, il gruppo decise di accamparsi ma, durante la notte, furono sorpresi dall'avvicinarsi di un camion rustico dal quale scese uno straniero non molto dissimile nei modi dal Mick Taylor del film. Lo straniero se ne andò ma la crew era rimasta così spaventata dalla cosa che decise di levare le tende e guidò per un'ora prima di accamparsi ben distanti dal cratere.
⟡ Il compositore Frank Tetaz basò il tema musicale del film su una vecchia marcia funebre, dando un tempo ancor più lento per aumentarne l'effetto.
⟡ John Jarratt, da attore molto metodico qual è, passò diverse settimane nel deserto australiano per prepararsi al ruolo. In più, prima delle riprese, evitava di lavarsi così da preservare un aspetto trasandato.
⟡ Cassandra Magrath riferì che la sinistra risata dell'attore Jarratt le fece venire gli incubi.
⟡ La collezione di oggetti presi alle vittime da Mick include numerose fotografie di familiari e amici del regista.
⟡ La frase detta da Ben: "C'è qualcosa la fuori e non è umano" viene da Predator (1987).
⟡ La scena nella quale Liz minaccia Mick con un coltellino svizzero è presa da Una vita al massimo (1993).
⟡ Il regista McLean appare nel film nei panni di un poliziotto che aiuta a caricare Ben sull'aereo.
Fast rating
Titolo originale
Id.
Regista:
Greg Mclean
Durata, fotografia
104', colore
Paese:
Australia
2004
Scritto da Exxagon nell'anno 2008 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
