Angeli bianchi... angeli neri
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Voto:
Film documentaristico
LA RECE
Risaputa sfilata di macchiette umane che fanno e dicono cose strane anche se, a tratti, il film imbrocca qualche seria riflessione. Umiliani primeggia.
Inizia in maniera psichedelica questo mondo-movie diretto da Scattini (Svezia, inferno e paradiso, 1968), narrato da Alberto Bevilacqua, fotografato da Claudio Racca (Tomboy, 1977) e musicato ininterrottamente dal maestro Umiliani il cui lavoro è superiore a qualsiasi altra parte del film. Si tratta della solita inchiesta vero/falsa, questa volta dedicata agli ambienti della magia e della religione più folkloristica. È la risaputa sfilata di macchiette umane che fanno e dicono cose strane anche se, a tratti, il film butta lì frasi di non poco conto: "Una forte fede in Cristo sembra sempre istigare un robusto rispetto per Satana". Ciò che viene mostrato, però, si ripete troppe volte sicché, alla terza messa nera fasulla, si venderebbe l'anima al Diavolo purché ci venisse mostrato qualcosa di davvero originale. Qualcosa, comunque, si salva. Intervista ad Anton LaVey, gran sacerdote della Chiesa di Satana, che apre le porte di casa sua a quegli spettatori che non hanno avuto la possibilità di visionare Speak of the devil, documentario autocelebrativo che LaVey farà girare da Bougas nel 1995; siccome il film di Scattini ha ventisei anni in più, lo scoop non era affatto male. Non male anche il nostrano spiritismo cattolico della medium meridionale tutta vestita di nero e foulard che parla per voce dei morti davanti a una folla in lacrime. Verso la fine del film ci scappa anche una breve inchiesta sulla criostàsi, cioè il mantenimento dei morti sotto zero finché non sarà possibile una cura per la malattia che li ha uccisi. Non ha molto altro da offrire Angeli bianchi... angeli neri, però i satanisti, i religiosi troppo ferventi e compagnia bella ne escono con le ossa rotte non tanto per la critica che il documentario pone né per la paura che istillano le loro pratiche, quanto per uno sconfortante senso di vuoto e arroganza che trasmettono ogni volta che sbracciano e ritualizzano, illudendosi di aver capito qualcosa in più degli altri. D’altra parte, il film di Scattini non è certo il documento appropriato per approfondire un fenomeno che la pellicola stessa tratta con occhio exploitation. L'unico che ne esce a testa alta è, ripeto, Umiliani. Nota per i collezionisti: la versione USA titolata Witchcraft '70 ha la voce fuori campo di Edmund Purdom, un differente score musicale e ulteriori scene girate dal maestro dell'exploitation Lee Frost (Mondo freudo, 1966). Voto finale basso ma non è una pellicola da sconsigliare in senso assoluto.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Luigi Scattini
Durata, fotografia
95', colore
Paese:
Italia
1969
Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
