Black Death - Un Viaggio all'Inferno
Voto:
Anno del Signore 1348. La peste bubbonica infesta l'Europa. Il novizio Osmund (Eddie Redmayne) si aggrega ad alcuni guerrieri capeggiati da Ulric (Sean Bean) in direzione di un villaggio che pare essere rimasto intoccato dalla malattia. Per Osmund, il viaggio nasconde una fuga d'amore con la bella Averill (Kimbereley Nixon) mentre per il gruppo di mercenari il fine è trovare prove della presenza del Maligno in quel lontano villaggio governato dalla suadente Langiva (Carice van Houten).
LA RECE
Soggetto e sceneggiatura altamente stratificati. Film strepitoso se si considera che è un low budget. Consigliatissimo.
Tempi bui i nostri, di medioevo cinematografico, se il recupero dei mala tempora della caccia alle streghe è affidato agli occhi di un pubblico che guarda Nicholas Cage in l'Ultimo dei templari (2011) e non questo Black death, bello che così non se ne vedevano più dal dì de il Grande inquisitore (1968). Similmente all'action-fantasy di cui sopra, il film di Smith poggia il suo racconto sui binari del viaggio di alcuni uomini, diversi d'estrazione, attraverso i brutali territori del medioevo infestato dalla peste (1347-1353) nel tentativo di porre termine alla magia nera che, secondo i più, determina la piaga. Magia nera che, in tempi di monoteismo patriarcale, è di certo veicolata dalla femmina. Per entrambe le pellicole, lo scheletro portante riguarda il dubbio che la strega di turno possa essere accolita del Diavolo o, nel caso contrario, che il Male alberghi nell'occhio del credente assatanato. L'Ultimo dei templari risolve la finezza in modo grezzo e rutilante con il povero Diavolo preso a testate. Christopher Smith, invece, proseguendo sul territorio produttivo non commerciale che lo ha visto artefice di lavori quali Creep - il Chirurgo (2004), Severance (2006) e Triangle (2009), mette su pellicola la sceneggiatura di Dario Poloni e dà vita a uno dei migliori horror sull'argomento, non dimenticando che qui si tratta di una produzione tedesca a basso budget. Senza raggiungere il lirismo delle sequenze de il Settimo sigillo (1957), ma camminando al passo dei flagellanti del film di Bergman, Black death dipinge un medioevo darwiniano in cui i cadaveri accatastati dalla Peste Nera incidono l'umanità dividendola fra i più adatti a vivere e quelli semplicemente superflui. La stessa logica governa le dinamiche sociali del tempo in cui il più brutale regge e fa la storia. Al di sotto di questo cinico divenire di esseri umani giocati dalla natura così come un animale qualsiasi, un ribollire di irrazionalismi tribali con la femmina-strega che deve morire per mano maschile al fine di placare il sangue con il sangue. Non ci sono eroi in Black death ma solo branchi di lupi armati di croci, spade e speranze false a un passo dall'essere piegati e piagati. In fondo al tunnel si vede, però, baluginare il sempiterno Amore del chierico e della fanciulla che, dai tempi de il Nome della rosa (1986), è potere salvifico del buono che nell'umano alberga; questo Amore è l'unico vero volto di Cristo che si scorga in una storia di cristiani senza Dio; un lumicino che, in vero, diventa sempre più fioco mano mano che il gruppo di protagonisti si avvicina al territorio ritenuto la casa del Diavolo in cui i suoi seguaci spargono la peste ma ne sono esenti. Il villaggio, invece, si rivelerà, agli affaticati punitori, un'utopica residenza di bucolici animisti intoccati dalla piaga forse perché lontani dalla civiltà corrotta. Ecco che, con un colpo di coda, lo sceneggiatore Poloni sorprende di nuovo e inietta nel film il senso del tragico, peraltro esposto come si trattasse di un monologo teatrale, che eleva la pellicola al di sopra di tanti consimili. Nel villaggio, la magia c'è ma non si tratta di Satana né di pentoloni ribollenti colmi di carne infantile: è, piuttosto, la magia del carisma che fa leva sulle debolezze umane e sulla volontà di trovare una guida che porti il più distante possibili dal dolore e dalla morte, il carisma della bellezza che si declina in piacere e non quello della santità che s’inginocchia in contrizione. Tuttavia, sempre di carisma si tratta e, per chi ne fosse ammaliato, sempre di devozione si tratterebbe, di dipendenza e cessione del libero arbitrio. Così i cristiani e la loro nemesi cortocircuitano come un urobòro, entrambi feroci, entrambi intolleranti, entrambi votati alla propria unica e vera verità. Black death sprofonda lo spettatore nella tragica rima dell'uomo abitante l'atomo opaco del Male senza un dio, solo, a regolare a fil di lama i propri immutabili e inevitabili contrasti. Muore l'amore nell'anima di Osmund, si spegne la luce nel fondo. Lui, che ha sacrificato le speranze trafiggendo con propria mano l'unica possibilità di piantare il seme di un futuro che possa definirsi tale. E dal Male giunge altro Male: la vendetta, l'odio, il risentimento, in un continuo contorcersi dell'uomo in agonia che, alla fine della vita e con la schiena a terra, ci si augura possa vedere le stelle. Una speranza, un'illusione per consolare chi rimane, l'ennesima e l'ultima. La Morte Nera di Christopher Smith e Dario Poloni, livella dell'umano sopra Dio e sopra Satana, è questo. Questo e anche la capacità di rendere, con la telecamera a mano e un manipolo di attori in parte, il fremito dell'anima e il sudicio del fango da cui si viene e a cui si va.
TRIVIA
Christopher Smith (1972) dixit: “Alcuni registi sembrano rimanere bloccati sui film che gli piacciono, ma io cerco di continuare a guardare cose varie e a mischiarle. Sono ancora abbastanza giovane, ma quando sarò più vecchio spero di continuare a guardare film come Martyrs, che è un film hardco-re, e cose del genere. […] Penso che l’horror sia davvero interes-sante al momento: non è come negli anni '80 quando, con l'ecce-zione di Nightmare, le cose che uscivano dall'America erano per lo più titoli video. All'improvviso, l'horror è diventato davvero figo e la gente lo guarda” (indielondon.co.uk).
⟡ Il personaggio di Ivo è un chiaro omaggio a Don Lope de Aguirre del film di Herzog, Aguirre - furore di Dio (1972).
⟡ Nel film si vedono alcune persone indossare una maschera a forma di becco. Essa era parte dell'abbigliamento del medico della peste, utilizzata appunto dai medici come strumento per bloccare olfattivamente gli sgradevoli odori dei morti e dei malati, miasmi che al tempo si ritenevano vettore del contagio. Nel becco erano contenute erbe aromatiche che fungevano da deodorante e da filtro senza, tuttavia, impedire, al contrario del supposto, che il medico potesse essere infettato, dato che la peste si trasmette tramite il morso delle pulci dei topi che inocula il batterio Yersinia pestis. Il film, tutta-via, commette un anacronismo poiché la storia narrata si svolge nel 1348 mentre le maschere suddette si diffusero solo nel XVII secolo.
Titolo originale
Black Death
Regista:
Christopher Smith
Durata, fotografia
102', colore
Paese:
Germania, UK
2010
Scritto da Exxagon nell'anno 2013; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
