Blue movie
Weird
Voto:
Una donna fugge dopo essere stata stuprata, solo per trovarsi intrappolata nella casa di un fotografo che sottomette le donne e le tratta come oggetti artistico-erotici.
LA RECE
Lo spirito anarchico e surrealista di Cavallone, a tratti più genialoide che geniale, non evita il pericolo di dispersività e di accumulo.
Film nato per scommessa, girato in otto giorni e montato in dieci con una sola attrice nota al pubblico: Patrizia "Dirce" Funari (Emanuelle e gli ultimi cannibali, 1977; un'Ombra nell'ombra, 1979). I punti di riferimento per Cavallone sono i suoi consueti: Bataille, De Sade, Lautréamont e il cinema surrealista di Buñuel. In maniera specifica, il titolo richiama Blue movie (1964) di Warhol e Sweet movie: dolcefilm (1974) di Makavejev. Com'era stato per Salò (1975), che marcava il passo di un ultimo nichilista Pasolini, Blue movie è l'apogeo di un abisso cavalloniano fatto di inconciliabilità con la società, in alcuni casi incapacità a trasmettere con chiarezza ciò che agita la mente dello stesso regista. Qui si tratta della massificazione dell'arte e della vita, della mercificazione e degli interpreti di essa: artisti, modelle, fruitori. Un fotografo, in sostanza, reifica una modella schiacciandola come le lattine di Coca-Cola che fotografava, e ciò con la consensualità di lei, anche se i livelli del consenso sono sfalsati, dato che lui non ha un limite. Finisce chiaramente tutto in merda e oggetti di consumo che, secondo una logica ormai “vetero”, si equivalgono; e merda diventano anche coloro che li utilizzano. I simbolismi di Cavallone a volte confondono: il suo spirito anarchico e surrealista, a tratti pare più genialoide che geniale, non evitando il pericolo di dispersività, di accumulo e di interruzione di un rapporto dialettico con lo spettatore. Prova ne è che il film, annunciato come “il primo super-porno italiano” si pose come feroce critica verso i cultori del porno e, a tal fine, Cavallone inserì momenti hard senza incipit ne conclusione edificante; il risultato fu che il pubblico delle sale a luci rosse apprezzò grandemente gli elementi hot di Blue movie, titolo già di per sé esca non male per gli amanti del porno. Cavallone si sdegnò. Questa è una prova dell'assuefazione alla mercificazione dell'erotismo o un segno delle difficoltà di Cavallone a declinare la sua vis artistica? Un po' entrambe. Di fatto, neppure il buon Cavallone, nonostante l'immane sforzo di stilizzazione bizzarra, si sottrae all’illustrazione filmica del sesso, il che valeva anche per Spell - dolce mattatoio (1977). Sembra dunque fallire l'idea di conciliare l'avanguardia cinematografica con la pornografia, in quanto quest'ultima, meno intellettuale e più istintiva, fagocita la prima. Rimane, ma non è poco, una pellicola scarna nella messa in scena (per principio e per necessità) che gioca al massacro fra un protagonista fotografo che non distingue più tra realtà e ritratto, tra modella e manichino. La denuncia consumistica che vive nella metafora degli oggetti desiderati e scambiati, riempiti di feci e stipati nel frigorifero, suona attualmente poco aggiornata. Il montaggio frenetico, accompagnato da musica classica stridente con le immagini, non deve portare a pensare che la visione di Cavallone sia quella di un sesso divertito, energico e vitale stile Tinto Brass. Come in Arancia meccanica (1971) Alex accompagnava le sue gesta violente a suon di classica senza che si perdesse la valenza violenta dell'azione, così, in Blue Movie il montaggio frenetico, le musiche gioiose e la sensualità dei corpi fanno trasparire il pessimismo di Cavallone. Alternate alle immagini di sesso, abbiamo inserti brutali da mondo-movie. Al di là del significato delle immagini e del rapporto dialettico quasi negato fra artista e spettatore, vi è una costante voglia di denunciare un senso di disagio sociale che evidentemente il regista avvertiva profondamente. La nemesi di tale sforzo artistico, surreale e ribelle, è che con il tempo, dopo lo shock e la decodificazione, esso viene incorporato dallo status quo, così come ricevette le candidature all'Oscar Quel oscuro oggetto del desiderio (1977). Forse era anche questa la rabbia di Cavallone: l’arte, per quanto ribelle, non può sfuggire alle leggi della società dominante. Tuttavia, mi si lasci dire con spirito conciliante, non si può giudicare solo dagli esiti. A tratti elegantissimo, a tratti rozzo, certo in sella a un plot di ineguagliata confusione, Cavallone non aveva mezze misure. Blue movie è una pellicola per cinefili da guerriglia: l’incipit con gli scatti fotografici accompagnati dal suono di spari sono un avvertimento. Film che dovrebbero essere visti esattamente da quel pubblico che non li vedrà mai, ché chi li vede già sa, e si finisce a guardarsi la pancia.
TRIVIA
Alberto Cavallone (1938-1997) dixit: “Essere estremo per me significa essere anormale, cioè fuori dalla norma. La norma è sopore, staticità, accettazione passiva dell’esistente. La norma è immorale, perché vuole essere morale. La norma disconosce l’etica universale. Essere normali significa non progredire e accettare soltanto ciò che protegge i meccanismi dell’esistenza. L’anormalità è desiderio di progresso, è ricerca e scoperta di nuove etiche e morali adeguate ai cambiamenti che la norma nega… Sono anormale, non estremo” (Nocturno n.4, 1997).
⟡ Trovare una copia integra, ovvero uncut del film, è un’impresa. Tuttavia, alcuni cinefili si sono impegnati a recuperare versioni sempre più complete, dato che si intuiva, già nella versione tagliuzzata, che ci potessero essere state sequenze hot poi espunte. Sono, in effetti, state recuperate scene erotiche di Dirce Funari e Leda Simonetti decisamente esplicite: la prima pratica una quasi fellatio a Claud Maran, in un’altra sequenza lo masturba fino all’eiaculazione (non è stata controfigurata), e in un’ulteriore scena urina in una bottiglia. La Simonetti pratica una fellatio di 3 minuti e 35 secondi a un attore nero.
Regista:
Alberto Cavallone
Durata, fotografia
88', colore
Paese:
Italia
1978
Scritto da Exxagon nell'anno 2010; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
