Salò o le 120 giornate di Sodoma
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Durante la Repubblica di Salò, quattro fascisti s'incontrano con quattro ex prostitute e portano, in una grande villa, un certo numero di ragazzi e ragazze, partigiani o figli di partigiani, insieme ad altri giovani della milizia fascista chiamati a mantenere l'ordine. Per 120 giorni, i quattro uomini potranno disporre secondo i loro gusti e le loro perversioni dei reclusi. Sarà l'inferno.
LA RECE
L'ultimo, devastante testamento artistico di Pier Paolo Pasolini. Una scandalosa catabasi negli inferi delle autorità che trasfigura l'opera del Marchese de Sade in una metafora politica del potere e, al contempo, dell'omologazione consumistica contemporanea.
Film difficile da vedere anche se ci si è sottoposti a duri allenamenti con pellicole zeppe di brutalità e, infatti, film che difficilmente si avrà voglia di vedere una seconda volta. Salò, in bilico sul limite di ciò che è rappresentabile e ciò che dovrebbe essere sottratto alla vista, è un salto all'inferno per lo spettatore che, nel ruolo voyeuristico di chi non vorrebbe ma guarda, diventa vittima e aguzzino al contempo in una storia per certi versi incompleta che, però, fa emergere chiaramente un tema: non quello della morte ma del potere sulla vita delle persone che, reificate, diventano oggetti consumabili fino alla morte. Dopo le incursioni alte dei drammanazi di Visconti (la Caduta degli dei, 1969) e della Cavani (il Portiere di notte, 1974), emersero i due pilastri estremi in tema, Salò e SSalon Kitty (1975) di Brass, ognuno ad immagine dei cineasti che li realizzarono, lavori tuttavia ancora elevati rispetto alle torbide squadriglie degli epigoni naziploitation (le Deportate della sezione speciale SS, 1976; LLager SSadis Kastrat Kommandantur, 1976; Casa privala per le SS, 1977; Lager 5: l'inferno delle donne, 1977; l'Ultima orgia del III Reich, 1977). Pasolini, con l'aiuto di Sergio Citti e Pupi Avati nell'adattare "Le 120 giornate di Sodoma" (1782) di De Sade, tentò una comunicazione irripetibile e simbolica per ribadire temi già presenti in diversi suoi precedenti lavori. Si ha la ricorrenza del numero 4: quattro uomini, quattro donne, quattro gironi. Gli aguzzini simboleggiano il potere costituito: lo Stato, la Chiesa, la legge, la borghesia. Metaforica è anche la sessualità che permea la pellicola ma che non è mai sensuale, piuttosto simbolo dello sfruttamento e dell'oppressione di alcuni su altri. Il film è ricco di gradevoli nudità ma mai vi è sollecitazione all'erotismo: i corpi, reificati, non appartengono più ad esseri umani ma diventano solo oggetti, mezzo e strumento di piacere sadico e perverso. Diviso in quattro gironi infernali, questo verrà proposto. Antinferno: il racconto esordisce e i protagonisti vengono introdotti. Girone delle Manie: i giovani vengono stuprati indifferentemente dal loro sesso e umiliati dai padroni mentre ascoltano i racconti erotici accompagnati dalla musica del pianoforte. Girone della Merda: ai giovani, che è stato impedito di defecare per giorni, viene imposto di mangiare le proprie feci e anche quelle dei loro padroni in una cena abominevole. Girone del Sangue: i giovani vengono uccisi e torturati, soprattutto coloro che precedentemente non hanno ubbidito agli ordini dei quattro signori. In una delle sequenze che si distingue per il suo sadismo programmatico e nichilista, viene scelto fra i giovani quello con il fondoschiena più bello e, come premio, gli toccherebbe di essere ucciso all'istante con un colpo di pistola in testa ma viene risparmiato perché la sua morte l'avrebbe salvato dalla "sofferenza e dal terrore eterno". Pasolini stravolge quella che era la trilogia della vita iniziata con il Decameron (1971) e istruisce una parabola di morte e consumismo dove le feci sono i prodotti di scarto della società capitalistica, i corpi sono oggetti impersonali da distruggere e il sesso è mercificazione. Il finale è un'orgia di violenza in cui vengono tagliate lingue e bruciati capezzoli, il tutto sottolineato dai Carmina Burana di Orff, considerato da Pasolini un pezzo di musica fascista, e dalla lettura de "I Canti" di Ezra Pound, poeta americano che aveva sostenuto Mussolini. La pellicola è ancor più inquietante poiché girata con competenza e non possiede quell'aura di gioiosa imperizia che contraddistingue la maggior parte dei prodotti sexploitation fra i quali, in tutti i casi, Salò non può essere inserito. Gli aguzzini hanno volti inquietanti e non c'è un finale o un momento in cui lo spettatore possa tirare il fiato. Un film più agghiacciante che illuminante, la cui vera potenza sta nel significante piuttosto che in un significato eseguibile, ovviamente, in molti altri modi e che, quindi, incontra le logiche di Roland Barthes per cui il significante diventa fondamento del significato. Un artista, Pasolini, capace di esprimersi in ben altri modi e, quindi, assolutamente consapevole della scelta di un significante che andasse a costruire un significato specifico, chirurgico. Sfortunatamente, la materia estrema di Salò è divenuta piatto ricco per alcuni detrattori che hanno sottolineato gli elementi morbosi del film per creare un trait d'union con la vita privata del regista. Nello stesso tempo, è lecito domandarsi se questo film avrebbe goduto del medesimo consenso e della medesima tolleranza nel caso fosse stato realizzato da un artista non simpatico al gotha della critica. Un film controverso e di spessore, dunque, oggi quasi miseramente ridotto a fenomeno visivo più che a modello pedagogico, quest'ultima finalità sempre viva in Pasolini. Il regista, però, aveva calcolato anche questo rischio e ha dipinto con terribile crudezza il volto dello spettatore sui volti dei suoi personaggi.
TRIVIA
A Pasolini stesso la spiegazione più lucida del suo lavoro: "Il sesso è oggi la soddisfazione di un obbligo sociale, non un piacere contro gli obblighi sociali. Da ciò deriva un comportamento sessuale, appunto, radicalmente diverso da quello a cui io ero abituato. [...] Il sesso in Salò è una rappresentazione o metafora di questa situazione, questa che viviamo in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. [...] Oltre che la metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c'è in Salò (e ce n'è in quantità enorme) è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. [...] Ho preso a simbolo di quel potere [il fascismo dei repubblichini] che trasforma gli individui in oggetti [...] Ma, appunto, si tratta di un simbolo. Quel potere arcaico mi facilita la rappresentazione. In realtà, lascio a tutto il film un ampio margine bianco, che dilata quel potere arcaico, preso a simbolo di tutto il potere. [...] De Sade è stato il grande poeta dell'anarchia del potere. Nel potere - in qualsiasi potere, legislativo ed esecutivo - c'è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. L'anarchia degli sfruttati è disperata, idillica, e soprattutto campata in aria, eternamente irrealizzata. Mentre l'anarchia del potere si concreta con la massima facilità in articoli di codice e in prassi. I potenti di Sade non fanno altro che scrivere dei regolamenti e regolarmente applicarli" ( distribuzione.ilcinemaritrovato. it).
⟡ Presentato a Parigi il 22 novembre 1975, tre settimane dopo la morte di Pasolini, Salò uscì sul mercato italiano nel gennaio 1976 e venne sequestrato subito. Il film fu imputato per oscenità e corruzione di minori, atti osceni in luogo pubblico e, fino al 1978, ebbe problemi legali. Bandito in moltissimi paesi, ha visto la luce nei paesi anglosassoni relativamente pochi anni fa. La versione circolante del film è priva di 589 metri (21') rispetto all'originale nel quale si dice che venissero mostrate ulteriori scene di tortura quali un topo cucito nella vagina di una ragazza.
⟡ Gli escrementi nel film sono un mix di cioccolata e marmellata di arance.
⟡ Nell'agosto 1998, la Criterion ritirò dal mercato le sue copie di Salò per problemi di copyright. Così, questo DVD può essere venduto anche a 600 dollari o più, il che lo rende uno dei DVD più costosi al mondo. I collezionisti consigliano di stare molto attenti nell'acquisto di questo raro DVD poiché i bootlegs sono molto diffusi.
⟡ Parte del materiale girato sparì senza possibilità di recupero. Pino Pelosi, colui che, nel 1975, uccise l'artista, ha suggerito che la tragica fine di Pasolini sia da mettere in connessione con quel furto.
⟡ Il DVD giapponese uscito nel 2002 contiene diverse foto di produzione mai viste in nessun'altra raccolta. Fra esse si ha quella di una ragazza legata a una sedia elettrica presumibilmente nella scena finale, e i corpi delle vittime in cortile messi in due file, alcuni coperti con lenzuola.
Regista:
Pier Paolo Pasolini
Durata, fotografia
114', colore
Paese:
Italia
1975
Scritto da Exxagon nell'anno 2005 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
