il Mulino delle donne di pietra

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Voto:

Hans (Pierre Brice), un giovane studente universitario, si reca al mulino di Gregorius Wahl (Herbert A.E. Böhme) per studiare il suo enorme carillon composto da statue a grandezza naturale di famose donne storiche che hanno patito un infausto destino. Il giovane si accorgerà che Gregorius, sua figlia Elfie (Scilla Gabel) e il dottor Bolhem (Wolfgang Preiss), che l’ha in cura, nascondono un tetro segreto.

LA RECE

Gotico italiano pre-baviano che fa tesoro sia l'eredità del cinema espressionista tedesco, sia delle innovazioni della Hammer, sia dell'estetica del Grand Guignol francese. Da recuperare.

Elegante gotico con una trama interessante e una notevole cura del dettaglio scenografico. Tratto da “I Racconti Fiamminghi” di Pieter Van Veigen, il Mulino delle donne di pietra non si può definire una pellicola del tutto originale poiché, nella trama e nelle immagini, possono essere rintracciate suggestioni provenienti da la Maschera di cera (1933) di Curtiz, da Occhi senza volto (1959) di Franju, da Frankenstein (1931) di Whale così come dal cinema della Hammer; d’altronde, il dottor Orloff de il Diabolico dr Satana (1961) di Jesus Franco deve più di qualcosa a questo lavoro di Ferroni. Nonostante i rimandi e le citazioni, la pellicola ha il carattere ben definito di un dramma di amore e morte in toni pastello, in una location, l’Olanda, inusuale per il genere. Puntuale la cura degli allestimenti scenografici, l'uso delle luci e della fotografia di Pier Ludovico Padovani: interessante la soluzione che quest'ultimo ha adottato per rappresentare la confusione di Hans drogato con un potente calmante, ed eccellente l’ambiguità fra realtà e finzione che si viene a creare anche nella mente dello spettatore, un perturbante in uno spazio liminale fra organico e inorganico. Forse di parte ma nondimeno interessante l'osservazione di Barbara Creed in "The Monstrous-Feminine", secondo la quale il mulino stesso diventa una metafora della società patriarcale che cerca di "fissare" e controllare la femminilità attraverso la sua trasformazione in oggetto d'arte. Il titolo del film non lascia molto spazio al mistero: è chiaro fin da subito cosa stia succedendo al mulino ma la pellicola non vale per un eventuale colpo di scena, piuttosto per la riuscitissima atmosfera gotica che trova il suo apice nella scena in cui Hans pronuncia la frase "...è morta" e queste sue parole vengono sottolineate da un sonorissimo tuono. Sono eccellenti anche gli occhi sgranati di Gregorius e i romanticissimi dialoghi melò fra Hans e la sua futura moglie, nonché forti le immagini del macabro carillon e, ancor più forti, i volti delle statue che vanno a fuoco. La visione è assolutamente consigliata ma temo che i poco avvezzi al gotico d’antan possano patirne il ritmo non sostenuto. Peccato.

TRIVIA

⟡ La riminese Scilla Gabel, al secolo Gianfranca Gabellini classe 1938, per la sua notevole somiglianza con Sophia Loren fu usata come controfigura di quest’ultima. Tuttavia, per evitare di rimanere incollata al ruolo di comparsa, nei primi anni Sessanta, la Gabel si sottopose a due operazioni di chirurgia estetica che resero il suo volto ben distinto da quello della Loren. Nel 1963 sarà coniglietta su Playboy edizione americana.

⟡ Il Mulino delle donne di pietra, uscito lo stesso anno del capolavoro gotico la Maschera del demonio di Mario Bava, supererà quest’ultimo negli incassi.

Titolo originale

Id.

Regista:

Giorgio Ferroni

Durata, fotografia

100', colore

Paese:

Italia, Francia

Anno

1960

Scritto da Exxagon nell'anno 2004; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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