Nosferatu

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Wisborg, Germania, 1838. Ellen Hutter (Lily-Rose Depp) vive tormentata da visioni e incubi che la collegano misteriosamente al Conte Orlok (Bill Skarsgård), un antico vampiro della Transilvania. Quando suo marito Thomas (Nicholas Hoult) parte per concludere un affare immobiliare al castello del nobile, scoprirà la natura mostruosa di Orlok che, ora, è deciso a traferirsi in Germania per riconnettersi con Ellen. Con il suo arrivo, nella cittadina portuale si diffonderà la peste. Il professore Albin Eberhart Von Franz (Willem Dafoe) e il doc Wilhelm Sievers (Ralph Ineson) cercano di fermare il mostro, ma capiscono che solo Ellen può affrontarlo.

LA RECE

Dopo decenni di romanticizzazione esangue e bacchettona, il Vampiro torna alla carne e, ora, lascia spazio alla donna che diventa sua evocatrice e generatrice, sacerdotessa di Iside e femmina pulsionale, non più relegata nel cubicolo di santa o puttana. Sensato che Nosferatu abbia quell’aspetto, benché distante dai modelli del ’22 e del ’79. Pur innovativo nella sua rilettura femminista, la rappresentazione resta rispettosa della cornice gotica.

Dopo anni di vampiri romanticizzati in contesti contemporanei, torna Nosferatu, ora incarnazione del desiderio sessuale femminile represso. Mi sento a casa, sia per argomento psicologico, sia perché il Vampiro è sempre e stato solo questo, a partire dalla sua sete di sangue, linfa di vita (“bevi da me e vivrai per sempre”) e sineddoche per altri liquidi. Eggers, però, pur consapevole, va a toccare un mostro sacro del cinema, peraltro nel portfolio di due mostri sacri del cinema, Murnau ed Herzog. Chiaro che ad alcuni salta la mosca al naso, soprattutto quando si vede un non-morto davvero non morto, coi vermetti e tutto il resto, come si conviene a chi è, ipso facto, uno zombi; non solo, ci sono anche i baffoni da cosacco, abiti militari ungheresi del XVI secolo e il linguaggio dacico ricostruito. C'è pure il suo pene. Certo, un’immagine, quest’ultima, distante dall’aracnide interpretato da Max Shrek, o dall’esangue albagia di Kinski. L’acclamato regista di the Witch (2015) e the Lighthouse (2019), pur mantenendo una cornice rappresentativa che richiama sia il Nosferatu del ’22, post-espressionismo con interni arredati in stile biedermeier, nonché gli squarci di pestilenza che invadono il paese marittimo come nel Nosferatu del 1979, devia completamente la tematica su un piano psicologico, arrivando a dare vita al primo Nosferatu femminista su piazza. Il vampiro, che da sempre è una grande primadonna cinematografica e letteraria, diventa, qui, epifenomeno della donna, la quale lo invoca, lo evoca, lo genera, lo degenera e, infine, lo distrugge (di)struggendosi, dato che, in assonanza con the Substance (2024), i due “sono una cosa sola”. Cercando di allontanarsi dalle influenze cinematografiche sul mito, Eggers va alle radici di esso, il che significa trovarsi in un territorio ibrido fra il folk-horror della tradizione rumena (lo Zburator del quale potete leggere sotto), miti di tradizione anteriore (demoni incubi e succubi) e il mondo pre-psicologico delle isterie di cui pativano donne represse dalle reprimende vittoriane. La giovane Ellen, solo in compagnia del suo istinto, sogna e chiama a sé l’amore, anche e soprattutto carnale: "la mia vergogna, la mia malinconia". Possiamo chiamarle serenamente fantasie di legame affettivo-sessuale, nonché autoerotismo, ma, nel caso di Ellen siamo un passo oltre il sogno ad occhi aperti di un uomo che ti fa visita sotto le lenzuola. La giovanissima ha poteri psichici indipendenti da Nosferatu, è lei ad evocarlo, così come è lei, alla fine e secondo i propri termini, ad affrontarlo. Quindi, lei, evocando-generando un’entità da incubo (leggi sotto la nota di etimo) lo nutre con così tanta passione che lui dà a lei un piacere che mai nessun uomo reale potrà eguagliare - l’autoerotismo non di rado “ci sa fare meglio” di certi partner - né lui può accettare l’estremo distacco, per il quale arriverà ad arrischiarsi con l'esposizione al sole, ovvero a ciò che non è più inconscio. Quali i significati dell'atto finale della donna che rivendica la propria agency verso il suo demon-lover? Che l’emancipazione non può avvenire se non a costo di un esito estremo, quindi non può sostanzialmente avvenire? Oppure, il discorso psicologico può essere ampliato, facendo della pulsione non socializzata una forma di Sé immatura che non può sopravvivere alla luce della vita adulta, la quale chiede di abbandonare gli incantamenti di fantasie regressive, infantili, magiche (in fondo, quindi, narcisistiche) per aprirsi alla costruzione relazionale. Personalmente non credo che sia un aut-aut e il film, in una circostanza, lo illustra: l'energico rapporto sessuale fra Ellen e suo marito dimostra che ci può essere una vita sessuale sincresi di pulsioni private e socializzazione di esse, basta trovarsi un/a partner adatto/a alla propria "configurazione", motivo per cui l'amante perfetto non va cercato fra i totalmente sani di mente - sempre che ve ne siano - ma fra persone che abbiano una follia compatibile con la nostra! La lettura psicologica per questo film, ad ogni modo, risulta semplice; il film è anche troppo didascalico rispetto al tema della spinta emancipativa di Ellen, la quale si oppone al cognato che vorrebbe imbrigliarla nel suo ruolo di donna sottomessa, e per le diverse scene di manifestazioni isteriche, o vogliamo dire di possessione, con la più violenta di esse che porta a quel suddetto coito energico che la donna pareva aspettarsi dal marito da anni. D'altra parte, la lettura di Eggers non è neppure così ardita: il Vampiro è sempre stato un mostro (chi)amato dalla donna, suo persecutore ma anche suo grande seduttore, che lei può fare entrare nella sua vita, ovvero superare l’uscio della porta, solo se lei medesima lo invita ad entrare. Era questo agli esordi e, se buon sangue non mente, lo rimarrà nei secoli. Certo, il confronto con i “rivali” è ostico ma, forse, l’errore è rilevarli come rivali quando, in realtà, le narrative, pur di matrice simile, è ben diversa. Il Conte Orlok del 1922 era un outsider assoluto, incarnazione del male e della morte che minacciava la Germania post-bellica; il vampiro ritratto da Klaus Kinski nel '79 è, invece, una figura tragica e romantica, vittima suo malgrado a vivere come una bestia solitaria; è più facile trovare similitudini fra il vampiro di Eggers e quello di Coppola (Dracula di Bram Stoker, ) rispetto ai precedenti Nosferatu. Dal punto di vista tecnico, il film è elegante, con una notevole cura fotografica (ma va visto in una stanza scura per aiutare il contrasto), basata su filtri speciali che hanno eliminano le lunghezze d'onda rosse e gialle, riproducendo il modo in cui la visione umana funziona in condizioni di scarsa illuminazione; Eggers e Blaschke hanno anche rifiutato categoricamente l'uso di Steadicam, preferendo movimenti di macchina ottenuti esclusivamente attraverso gru per una coreografia più precisa. Rese attoriali solide: non stupisce la professionalità di Dafoe ma, ovviamente, al centro della scena va Lily-Rose Melody Depp, classe 1999, figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis, una sorta di Christina Ricci 3.0 che veste il ruolo con grande immedesimazione, trasmettendo vulnerabilità e forza. Eggers, ormai uno dei più interessanti e quotati registi di elevated horror, sfida un classico e sforna un remake “re-thinked”, ripensato, innovativo ma rispettoso delle fonti e dell’impianto gotico che difficilmente può essere violato se si parla del Vampiro, scelte che hanno premiato con un incasso di 180 milioni di dollari a fronte di un budget di 50 milioni. Film che merita più di una visione per farlo assurgere al livello di "Rad movie" ma le premesse ci sono.

TRIVIA

Robert Eggers (1983) dixit: “Sono sempre stato interessato alle cose oscure. Ho preferito Darth Vader a Luke Skywalker, e la Strega Cattiva dell'Ovest a Dorothy, ma la strega mi ha spaventato a morte. Avevo incubi su di lei tutto il tempo. Cos'è questa attrazione-repulsione? I film della Universal non riguardano il jumpscare, ma l'atmosfera. Sondare l'oscurità dentro di noi in modo reale, tornare a quegli istinti infantili con un approccio più adulto, questa è la mia intenzione. Come si fa a creare l'atmosfera post-espressionista dei film horror della Universal in un modo più realistico in modo da rendere credibili i mostri?” (Anothermag.com).

⟡ La parola "Nosferatu" è di origine incerta. Si ritiene che Bram Stoker l'abbia appresa per la prima volta da un articolo del 1885 di Emily Gerard sulla superstizione della Transilvania, mentre l'unico utilizzo precedente è quello di un articolo tedesco sui vampiri del 1865 di Wilhelm Schmidt. Entrambe le fonti sostengono che la parola sia rumena, ma il termine non ha alcun significato in quella lingua e, forse, è il fraintendimento del termine rumeno "nesuferitul", che significa "l'odioso". Comunque, la creatura rumena più simile al Vampiro è lo Zburator, "Colui che vola" uno spirito maligno che tormenta le ragazze non sposate e le neo-spose nel sonno; nella letteratura romantica il termine "volare" è una personificazione del desiderio per l'amato. La tradizione vuole che lo Zburator sia stato in vita un uomo rifiutato da una donna e che, dopo la morte, perseguita e fa innamorare di lui le donne, specialmente quella che lo rifiutò, se viva. Ciò fa di lui il simbolo dell'amore non corrisposto.

⟡ Il termine "incubo" deriva dal latino "in-cubare", giacere sopra. Nella tradizione romana, Incubus era un altro nome di Fauno, quella deità semi-umana e in parte belluina, portatore di istinti sessuali.

⟡ Lily-Rose Depp, che ha sostituito Anya Taylor-Joy durante la produzione, ha lavorato con la coreografa Marie-Gabrielle Rotie, specialista in butoh (la "danza dell'oscurità"), per sviluppare un linguaggio corporeo che esprimesse gli stati di possessione e trasformazione del personaggio. Ha studiato le fotografie dei pazienti di Jean-Martin Charcot, il neurologo francese che documentò l'isteria femminile nell'Ottocento, e ha imparato a muoversi nei corsetti d'epoca per comprendere fisicamente le costrizioni imposte alle donne dell'epoca.

⟡ Il modo in cui si nutre questo Nosferatu è particolare, lo fa dal petto, sopra il cuore, non dal collo, recuperando antiche credenze popolari sulla "sindrome della vecchia strega" o Incubo (paralisi del sonno).

⟡ La produzione ha costruito 60 set negli studi Barrandov di Praga, con pareti e soffitti mobili per ottimizzare il posizionamento della macchina da presa. Il design di produzione di Craig Lathrop ha evitato i rossi brillanti (tranne nel castello di Orlok) perché il chiaro di luna sopprime completamente i rossi, mentre i costumi di Linda Muir hanno privilegiato colori chiari e tessuti riflettenti per garantire visibilità nelle scene notturne.

⟡ Blaschke ha sviluppato filtri speciali che eliminano le lunghezze d'onda rosse e gialle, riproducendo il modo in cui la visione umana funziona in condizioni di scarsa illuminazione, quando funzionano solo i bastoncelli, non i coni. "Nell'oscurità, possiamo vedere solo fino al ciano circa", spiega il direttore della fotografia. Questo approccio crea sequenze al chiaro di luna che sembrano "un film in bianco e nero girato a colori", con una desaturazione pesante che accentua l'atmosfera spettrale.

⟡ I film ha ricevuto quattro nomination all'Oscar: miglior cinematografia, costumi, scenografia e trucco.

⟡ Gli esterni del castello di Orlok sono stati girati al Castello di Hunedoara, noto anche come Castello di Corvin, un castello rumeno situato in Transilvania e uno dei più grandi castelli medievali esistenti in Europa. Le scene interne al castello, invece, sono state girate nel castello di Pernstejn, in Repubblica Ceca, la stessa location utilizzata per il film di Herzog, Nosferatu - Il principe della notte (1979).

⟡ La neve utilizzata nel film non è generata al computer. Il regista Robert Eggers ha utilizzato una tecnica degli anni '40 in cui i fiocchi di patate congelati vengono schiacciati e trasformati in particelle simili alla neve.

La scena con la ragazza nuda a cavallo recupera un’usanza storicamente attestata per identificare la tomba di un vampiro. In essa si conduceva una donna vergine in groppa a uno stallone vergine e si credeva che il cavallo fosse in grado di indicare, calpestandola, una tomba contenente un vampiro, e che la tomba identificata venisse poi aperta e il cadavere gestito come si vede nel film. Il colore del cavallo variava da regione a regione. In genere era richiesto un cavallo nero, anche se nella regione albanese si usavano cavalli bianchi, come quello usato nel film. Anche il sesso della vergine variava: era più comune usare un bambino maschio vergine. In ogni caso non si usavano bambini o bambine nude ma erano vestite.

⟡ Il gatto di Ellen, che lei dice non avere né padrone né padrona, si chiama Greta, come l'attrice originale che recitò nel ’22 il ruolo di Ellen Hutter, Greta Schröder. Anche quella Ellen, nel vecchio film, possedeva un gatto.

⟡ I fiori sono spesso portatori di simbolismi. I lillà viola sono trattati e citati nel corso del film in momenti significativi: le varianti specifiche con una tonalità più chiara di viola sono associate al primo amore o alla prima volta che si prova amore per qualcuno, un tema importante nel film.

⟡ Quando il dottor Sievers si reca per la prima volta in visita al professor Albin Eberhart von Franz, gli sussurra "nolite dare sanctum canibus" e von Franz risponde "neque mittatis margaritas vestras ante porcos". Questo scambio è tratto da Matteo 7,6 che si traduce in "non date ai cani ciò che è sacro; non gettate le vostre perle ai porci".

⟡ Sebbene i ratti fossero piuttosto ben educati sul set (ce n'erano 5.000), erano piuttosto puzzolenti. I ratti hanno l'abitudine di marcare l'odore con la loro urina. Quindi, dopo un po', la situazione sul set è diventava… maleodorante.

⟡ La scena dell'arrivo di Thomas Hutter nel villaggio transilvano è stata girata in un'unica ripresa con attori non professionisti e, per questo, ci sono voluti 30 tentativi per avere il cut definitivo.

⟡ Il corsetto di Ellen è allacciato a ventaglio, uno stile utilizzato nel 1838, anno in cui è ambientato il film. L'allacciatura a ventaglio consente a chi lo indossa di stringere il proprio corsetto con facilità, il che ha senso per Ellen, dato che non ha servitori.

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Titolo originale

Id.

Regista:

Robert Eggers

Durata, fotografia

136', colore

Paese:

USA

Anno

2024

Scritto da Exxagon nell'agosto 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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