Sette scialli di seta gialla
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Voto:
Copenaghen. Il pianista cieco Peter Oliver (Anthony Steffen) ascolta casualmente in un bar una conversazione alquanto strana e inquietante. Il giorno seguente, la sua donna viene uccisa e, sul luogo del delitto, viene ritrovato uno scialle di seta gialla. In un atelier si susseguono omicidi e scialli. Sembra che dietro questi crimini vi sia la presenza di una donna che s'aggira per la città con un mantello bianco.
LA RECE
Spaghetti giallo derivativo che accumula citazioni da classici del genere (da Hitchcock ad Argento) senza trovare una propria identità narrativa. Nonostante una sceneggiatura zoppicante, si salva grazie all'atmosfera '70', alle suggestioni sessuali e alla colonna sonora funky di Manuel De Sica.
Se siete in cerca di brividi, di sapidi scambi di battute e di virtuosismi alla macchina da presa, allora, con Sette scialli di seta gialla, siamo davvero fuori strada. Pastore maneggia un soggetto scritto a sei mani e si lancia in una produzione impegnativa, vista la sortita a Copenaghen. Se in quella città gli riesce di recuperare un'atmosfera cupa e umida, tuttavia non aggancia la tensione o, meglio, la ricostruisce stile puzzle prendendo spunti da ogni dove, per narrativa e stili, finendo per creare una pellicola di proverbiale derivatività. Lo spunto iniziale pedissequo a quanto visto in Ventitré passi dal delitto (1956), i manichini di Sei donne per l'assassino (1964), il non vedente che indaga da il Gatto a nove code (1971), la registrazione del verso del volatile da l'Uccello dalle piume di cristallo (1970), la stranota scena della doccia di Psyco (1960), qui addizionata di un taglio splatter preso da the Gore gore girl (1972). Citazioni dotte ed adesione a modelli di comprovato successo, lasciando a solo due fattori l'originalità dell'operazione: gli scialli del titolo e il finale con l'omicida che, in un fermo immagine, si lancia in avanti per sfondare la finestra e gettarsi sul selciato, cosa ripresa da Vanzina in Sotto il vestito niente (1985). Il film, ad ogni modo, non delude radicalmente se si sopporta una sceneggiatura claudicante, grazie ad una buona scenografia, alla fotografia d'interni, alle decise suggestioni sessuali anche omoerotiche (femminili), e a un'atmosfera molto Seventy, a partire dalle musiche di Manuel De Sica, fratello del più noto Christian, che compone uno score modem jazz funkadelico da scendere in piazza a bruciare il reggiseno.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora.
Regista:
Sergio Pastore
Durata, fotografia
108', colore
Paese:
Italia
1972
Scritto da Exxagon nell'anno 2008 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
