Leatherface - il Massacro ha inizio

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Voto:

Dopo l’ennesima brutalità in casa Sawyer, le autorità sottraggono a mamma Verna (Lili Taylor) il giovane Jedidiah che verrà rinchiuso per anni in manicomio. Da questo luogo di nequizie in cui i ragazzi ricevono un nuovo nome, scapperanno in molti fra i quali il sensibile Jackson (Sam Strike), il corpulento demente Bud (Sam Coleman) e la coppietta folle composta da Ike (James Bloor) e Clarice (Jessica Madsen) che prende in ostaggio l’infermierina Lizzy (Vanessa Grasse). La fuga del gruppo sarà violentemente osteggiata dallo sceriffo Hartman (Stephen Dorff).

LA RECE

Ricostruzioni genealogiche, splatter, spolveratine pervert e sexploitation. Gli ingredienti potrebbero anche essere quelli buoni per un ennesimo prequel ma, qui, così non è.

Il tempo passa e la teogonia dei mostri sacri dell’horror non vuole smetterla di arricchirsi, anche se il rischio non scampato fra remake, sequel e prequel, è quello del ridetto e del contraddetto; oltre, ovviamente, al meglio detto altrove. Il tempo passa e, come i Langolieri, inghiotte il passato e le persone; così, mestamente salutiamo Tobe Hooper, padre dell’originale Non aprite quella porta (1974) che ci abbandona il 26 agosto 2017 facendo in tempo, qui, a produrre questo su ultimo figlioccio cinematografico. Cambia anche la location, e ci troviamo in una Bulgaria fatta passare per il Texas secondo le logiche, quelle sì valide anche in passato, del risparmio. Si perde l’orrore viscerale e certi sottesi sociologici istruiti da Hopper, per imbastire, invece, una sorta di road-movie con afflati psichiatrici troppo simile a cose che da tempo va dicendo Rob Zombie con la sua famiglia Firefly (la Casa del diavol, 2005) e pure con Halloween - the beginning (2007) con una puntatina anche a Tarantino (Pulp fiction, 1994), che non guasta mai, quando abbiamo la coppia criminale nel fast-food. La rincorsa all’accumulo di Bustillo e Mauray, che già avevano dato prova di questa inclinazione con Inside - À l'intérieu (2007), scivola nell’estremo in almeno due scene forti ma gratuite quanto già straviste: la pazza Clarice che, alle prese coito more ferarum, si abbandona al sesso non sicuro facendo un triangolo con un cadavere; il nascondimento dentro una carcassa bovina al giusto punto di decomposizione. Tuttavia, il piatto forte per un film che si titola con il nome del nostro eroe e promette rivelazioni genealogiche, è il twist finale che vorrebbe cogliere di sorpresa lo spettatore e che, però, fallisce poiché è assolutamente evidente che il ragazzo all’apparenza più indicato non possa rivelarsi il futuro Leatherface; sarebbe stato di una banalità sconcertante. È altrettanto ovvio, anche per esclusione, che il futuro Leatherface finirà per essere quello “meno” atteso. Quindi nessun twist finale, un poco di dispiacere per la bella Lizzy che, sapevamo pure quello, non poteva finire bene e, a essere clementi, qualche brivido sotto pelle per l’orrore edipico (sempre quello, dai tempi di Psyco, 1960) veicolato dalla brava Lily Taylor. La cura della confezione, in primis la fotografia di Antoine Sanier, non può bastare a fare di Leatherface un buon film. Vorrei che potessero bastare le fossae lumbales laterales della Madsen che cavalca il suo maschio pazzo, ma due piccoli particolari exploitation, pur così carini, non possono contrastare uno script deludente e uno spettacolo che, anche a prenderla alla leggera, non trasporta. La distribuzione italiana, poi, non si esime, come suo solito, dal rimpolpare i titoli originali come una mamma in ansia per le inettitudini di un figlio reso sciocco da lei medesima. Voto un po’ severo.

TRIVIA

⟡ Il body count del film si attesta a 22 individui. Dall’inizio della saga, ovvero dal 1974, Leatherface ha ucciso 76 persone.

Titolo originale

Leatherface

Regista:

Alexandre Bustillo, Julien Maury

Durata, fotografia

90', colore

Paese:

USA

Anno

2017

Scritto da Exxagon nell'anno 2019; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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