Non aprite quella porta

Voto:

Nello sprofondo del Texas, sulla strada per visitare la tomba del nonno che sembra essere stata dissacrata, cinque giovani accolgono sul loro van un autostoppista che si rivela un folle. Scaricatolo, i giovani si fermano nei pressi di una casa abitata da una famiglia composta da psicopatici fra i quali spicca Leatherface (Gunnar Hansen), un omone demente che si diletta con la motosega.

LA RECE

La frontiera non è più spazio di opportunità e redenzione ma una terra desolata dove la famiglia, il pilastro sacro della società classica, si è trasformata in una parodia grottesca e mortifera di se stessa. Film del ciclo "horror rurali", o backwood brutality, anni Settanta (un Tranquillo weekend di paura, le Colline hanno gli occhi, ...) ma mentre quelli mantenevano una certa distanza di sicurezza, Hooper ci trascina letteralmente nel mattatoio.

Primo ottobre 1974, negli USA esce sugli schermi cinematografici the Texas chaisaw massacre e, il giorno dopo, il mondo del cinema non è più lo stesso. Divenuto un immediato successo nei drive-in di tutti gli Stati della federazione adusi a proiettare pellicole di bassa lega, il lavoro di Hooper sembra abbia qualcosa da dire in più rispetto alla media dei coevi horror statunitensi, benché la storia di gente con l’auto in panne che finisce nel posto sbagliato fosse stata raccontata, in effetti, solo due anni prima in Three on a meathook di William Girdler. Non aprite quella porta, tuttavia, parlava un linguaggio nuovo, così moderno che il MOMA ne ha acquistata una copia originale per la sua collezione. Girato fra il 15 luglio ed il 14 agosto 1973 con finanziamenti derivati dai profitti ricavati dalla precedente pellicola di casa Vortex (Gola profonda, 1972), il film costò circa 83.500 dollari (430.000 dollari del 2020) e incassò, solo in USA, 30.859.000 dollari al botteghino e 14.221.000 grazie al noleggio, qualcosa di equivalente a 300 milioni di dollari attuali. Questo film, asciutto e senza fronzoli, non è esattamente basato su fatti reali come dice di essere: in realtà, è basato molto vagamente sulle imprese di Ed Gein, serial killer necrofilo di Plainfield che ha ispirato altre pellicole (Psyco, 1960; Deranged - il folle, 1974; il Silenzio degli innocenti, 1990) ma questo non toglie forza al risultato. Il plot sintetizza due diversi spunti balenati nella mente di Hooper: la storia di alcuni ragazzi che finiscono con un furgone nei pressi di un ponte che ospita dei troll, e una sorta di attacco di panico patito dal regista in un supermercato affollato, per il quale Hooper fantasticò di potersi fare largo usando una motosega del reparto ferramenta. La fusione di queste due suggestioni viene arricchito da alcune riflessioni connesse alle difficoltà sociali che stava attraversando l’America in quegli anni: il Watergate e la crisi energetica del ’73 che portò ad una riduzione della disponibilità di carburanti in USA come in Europa. Queste le fondamenta dell’America hooperiana in cui una macchina, a secco di benzina, abbandona la nuova generazione in una fiaba nera dei fratelli Grimm addobbata di tetraggini e animali morti, anticipazione della sorte dei protagonisti. L'onda d'urto scaturisce dalla collisione fra due realtà sociali, rurale vs. urbana, reazionaria vs. moderna, nascosta vs. pubblica. Non aprite quella porta fu un film degli estremi nel quale la famiglia media e lo status quo venivano mostruosamente distorti dietro le fattezze della famiglia Sawyer, mentre i cittadini moderni erano giovani alternativi inclini alle superficialità. L'effetto, come detto, fu sorprendente, come se Ermanno Olmi avesse dato alla famiglia di Batistì il vezzo di squartare e mangiare i giovani della Bergamo bene. Suppergiù. Senza mostrare troppo ma grazie a situazioni ben congeniate, Hooper fece in modo che lo spettatore potesse credere di aver visto più di ciò che, in effetti, aveva percepito. Il regista e Kim Henkel, al soggetto, recuperarono il mito del profondo Sud come territorio di frontiera in cui non c'è null'altro da scoprire se non alienazione e degrado. Sul film pesò sia l'esperienza della guerra in Vietnam, sia la storia della folle Manson's Family, riportando l'orrore a qualcosa di interno alla società e non più alieno. Un po' come accade ne l'Ultima casa a sinistra (1972), il vero mostro di questo film è la famiglia americana e i suoi membri che si trasformano in assassini degenerati andando a toccare l'ultima oasi felice rimasta nell'immaginario collettivo. C’è chi ha posto giustamente un parallelo con il film Accidenti che ospitalità! (1923) di Buster Keaton che sembra essere il primum al quale Hooper pare essersi rifatto: "...la famiglia disfunzionale di Leatherface a parafrasare la famiglia Canfield del capolavoro di Keaton, già esso stesso un horror in fieri in cui la comicità nasce dalle situazioni più drammatiche e la narrazione si piega alla logica ribaltata (i paradossi del southern comfort) che governa le azioni dei personaggi" (Curti, La Selva; 2007). Non aprite quella porta è una fiaba nera fatta di stanze nelle quali è meglio non entrare, di fughe nella foresta inseguiti dal lupo nero, di metafore falliche (la motosega, i coltelli) e castrazione. Il sesso, tuttavia, è quasi completamente rimosso e traslato nella violenza e, se da una parte, lo spettatore tiene gli occhi incollati al sedere di Pam che in hot-pants si avvicina alla casa degli orrori, d’altro canto la famiglia di pazzi non coglie l'estrema profferta di Sally quando la giovane, disperata, dice che farà qualsiasi cosa essi vogliano pur di rimanere viva; anzi, i folli la deridono. Poi, ovviamente, c'è lui, Leatherface, il "faccia di cuoio" divenuto da subito icona horror: un assassino tanto demente quanto brutale che danza al sole del tramonto facendo roteare la sua motosega, un villain archetipico (si cerchino notizie circa il mito di Sawney Bean) ripreso più e più volte in altri film, pochi dei quali all'altezza del modello. Film must con sequel (Non aprite quella porta – parte 2, 1986; Leatherface - non aprite quella porta III, 1990; Non aprite quella porta IV, 1994) e remake (Non aprite quella porta, 2003) a propria volta con seguiti (Non aprite quella porta - l'inizio (2006); Non aprite quella porta 3D, 2013; Leatherface - il massacro ha inizio, 2017). Il titolo del film, compreso quello della distribuzione italiana, entra a forza nel linguaggio anche di coloro, non pochi, che il film non l’hanno mai visto e si fa cultura popolare. La cosa riesce a pochissimi. Il voto riflette l’importanza storica.

TRIVIA

Willard Tobe Hooper (1943-2017) dixit: “Con i film horror devi inviare a chi guarda una sensazione fisica e fare in modo che non si liberi dalla presa. Mi piace rendere il film sempre più veloce, più veloce e pompare e scuotere fino a quando ho la presa completa sullo spettatore” (IMDb.com).

⟡ Marily Burns, correndo fra le fratte inseguita da Leatherface, si tagliò davvero a causa di rami e sterpaglie, quindi, parte del sangue che le macchiava il corpo e i vestiti era vero. 

⟡ L'attrice appesa all'uncino (Teri McMinn) veniva sostenuta da una corda di nylon che le passava in mezzo alle gambe e le causava un gran male. 

⟡ Hooper avrebbe voluto arredare la casa degli orrori con diversi animali imbalsamati, ma questi erano troppo costosi. Si pensò di ovviare alla cosa procurandosi 500 carcasse di animali abbattuti nel canile municipale. La truccatrice avrebbe iniettato nelle carcasse della formalina in modo da tenerli dritti ma la cosa, ovviamente, non funzionò. La crew, dunque, dovette sbarazzarsi di tre quintali di cani morti ai quali fu dato fuoco con della benzina dietro la casa, generando una situazione disastrosa per l’odore che invase la zona. 

⟡ Nella scena in cui Leatherface taglia il dito alla ragazza per far bere il Nonno, l'attore tagliò davvero il dito all'attrice poiché non si riusciva a far uscire il sangue finto dalla cannula dietro la lama del coltello. 

⟡ Dopo che gli fu applicato il trucco da Nonno, l'attore John Dugan decise che non si sarebbe sottoposto di nuovo al make-up e impose di girare tutte le scene che lo riguardavano senza soluzione di continuità. La cosa necessitò di circa 36 ore in un periodo in cui vi fu un'ondata di caldo che portò la temperatura oltre i 35 gradi. Di queste 36 ore, la maggior parte furono dedicate alla sequenza della cena nella quale gli attori erano circondati da animali morti e cibo andato a male. Edwin Neal, che nel film vestì il ruolo dell'autostoppista sballato, disse: "Filmare quella scena fu la cosa peggiore nella mia vita...e io sono stato in Vietnam con gente che cercava di uccidermi; suppongo che questo vi dia la misura di quanto brutto fosse stato realizzare quella scena". 

⟡ La motosega usata nel film era una Poulan 360A con un pezzo di nastro adesivo che copriva il logo della marca per evitare beghe legali. 

⟡ Nel Regno Unito, il film venne bandito nel 1975 e, successivamente, non incontrò la clemenza dei censori UK che, in anni diversi, permisero la visione ma tagliarono a destra e a manca. Gli inglesi poterono vedere questo film nella versione integrale solo nel 1999. 

⟡ Il film era originariamente intitolato Headcheese, testa di formaggio (come dire “folle”), titolo che fu cambiato all'ultimo minuto. Altri titoli possibili furono: Leatherface e Stalking Leatherface

⟡ La casa in cui si svolge l'azione nella seconda metà del film era, in effetti, abitata da una famiglia che mise in affitto lo spazio per le riprese. 

⟡ Lo scheletro umano che si vede in casa verso la fine del film è vero. Ne usarono uno vero perché uno scheletro umano importato dall'India costava meno di uno finto. 

⟡ Tobe Hooper permise all'attore Gunnar Hansen di sviluppare il personaggio di Leatherface come meglio credeva. Hansen decise che Leatherface dovesse essere mentalmente ritardato e che non avesse imparato a parlare. L'attore andò in una scuola di disabili e li osservò cercando di apprendere gli atteggiamenti che poi sarebbero stati utili a interpretare il ruolo. 

⟡ Leatherface, nella sceneggiatura, aveva alcuni dialoghi che erano mugugni con scritto a fianco (fra parentesi) cosa stesse cercando di dire. 

⟡ I denti di Leatherface erano una protesi fatta su misura per Gunnar Hansen dal suo dentista. 

⟡ Dal tempo delle riprese, il luogo in cui viveva Leatherface & Co. è cambiato totalmente. La casa stava su una collinetta che è stata divisa in due per farci passare un'autostrada. La casa non c'è più, né c'è un segnale che indica che lì ci fosse stata una casa. L'abitazione stessa fu portata in un altro luogo e adesso è usata come ristorante a Kingsland, Texas. 

⟡ Gunnar Hansen sbatteva la testa ovunque in quanto la maschera che indossava gli limitava la visione periferica e i rialzi alle scarpe di 8 centimetri si andavano a sommare ai 185 centimetri d'altezza, il che rendeva difficoltoso prendere le misure. Nonostante l'abbigliamento scomodo, Hansen correva comunque più veloce di Marilyn Burns, però, nella scena in cui le correva dietro, doveva fare anche altre cose per perdere tempo; questo lo si nota nel momento in cui si ferma per tagliare alcuni rami con la motosega. 

⟡ Il rapporto sul set fra regista e attori non era buono. Edwin Neal disse che se avesse rivisto Hooper l'avrebbe potuto uccidere. 

⟡ A causa del basso budget, Gunner Hansen aveva a disposizione solo una maglietta da indossare. Siccome questa era stata colorata, non poteva essere lavata; così, l'attore se la dovette tenere addosso per quattro settimane in una caldissima estate texana. Alla fine delle riprese nessuno voleva stargli vicino. 

⟡ Nonostante il titolo originale, solo una vittima viene uccisa con la motosega.

Titolo originale

The Texas Chainsaw Massacre

Regista:

Tobe Hooper

Durata, fotografia

83', colore

Paese:

USA

Anno

1974

Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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