la Morte negli occhi del gatto

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Voto:

Inghilterra. I MacGrieff se la passano bene, se non fosse che sul loro casato incombe una maledizione: quando uno dei MacGrieff uccide un consanguineo, quest'ultimo si trasforma in vampiro. Corringa (Jane Birkin) viene espulsa dal collegio perché ha troppi pruriti e va a trascorrere il suo tempo libero proprio al castello: qui, incontra Lord James (Hiram Keller) che non ci sta molto con la testa e tiene un gorilla in camera sua, gorilla che un circo di passaggio ha dimenticato lì (!). In casa MacGrieff iniziano ad avvenire omicidi; la terribile maledizione sembra trasformarsi in realtà. Il primo a essere sospettato, giustamente, è quello che si tiene un gorilla in camera.


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LA RECE

Margheriti rivede il giallo, ormai ai tempi d'impronta argentiana, facendolo retrocedere al vecchio gotico e persino peggio: al livello della bestia selvaggia tipica di un cinema di 30 o 40 anni prima.

I problemi iniziano dal libro e dall’autore riferimento letterario di questo film: “Corriga” di Peter Bryan, romanzo e scrittore, entrambi inesistenti. Perculata niente male per un film esangue e sedato che tenta, come molti in effetti, di mescolare vecchi goticismi, lesbo-sensualità mediate dal sexy-giallo di fine Sessanta, e violenze psicopatologiche della corrente argentiana del ’70. Il secondo problema è che, a tentare la sintesi, ci prova Margheriti, buon conoscitore del gotico (la Vergine di Norimberga, 1963; i Lunghi capelli della morte, 1964), ma poco incline ai modernismi richiesti dalle nuove platee. Il risultato è un film argentiano solo nell’onomatopea ma locato nello stravecchio Castello Massimo di Arsoli, ideato utilizzando spunti davvero remoti come quelli del gorilla (cosa che si rifà a un cinema barriccato: he Beast That Killed Women, 1965; Bride of the gorilla, 1951; il Dottor Miracolo, 1931; il Fabbricante di mostri, 1944) e diretto come se si trattasse di un fotoromanzo. Quindi, segrete ricche di ragnatele e pipistrelli, stemmi di casata con drago dentato, una maledizione vampiresca a incombere, passeggiate notturne a lume di candela, cimiteri più o meno viventi, gatti sinistri. Tolta la non sgradevolissima atmosfera, ciò che rimane è una recitazione e un uso della cinepresa rigidi, tocchi trash ingiustificabili (non dimentichiamo il gorilla), dialoghi da romanzo d'appendice, poco sangue e nessuna paura. Interessante, però, il modo in cui i personaggi si svelano a poco a poco passando da una compostezza vittoriana a uno sbrago da parenti serpenti. Tutti tranne Lord James (Hiram Keller) che è antipatico fin da subito: memorabile il suo apporto nella cena ad inizio film. La musica di Riz Ortolani, riciclata da il Merlo maschio (1971) e la Vergine di Norimberga, non riesce a destare l'attenzione dello spettatore che, dopo una mezz'oretta, perde le speranze e piomba in un baratro di noia. E dire che gli attori non mancavano: fra gli altri Jane Birkin (Assassinio sul Nilo, 1978; Delitto sotto il sole, 1982) e Serge Gainsbourg, passati alla storia per la canzone "Je t'aime, moi non plus" (1969) super censurata perché lei geme di piacere. Si aggiunga la presenza di Venantino Venantini e di Hiram Keller comparso anche nel Satyricon (1969) di Fellini. L’antiquariato di Margheriti, qui, non entusiasma.

TRIVIA

⟡ Tecnicamente, il film è ancor’oggi vietato ai minori di 18 anni in Italia ma il nullaosta censorio (61830) è del 1973. 

⟡ Il gatto del film si chiamava Mushi ed era di proprietà di Margheriti.

Regista:

Anthony M. Dawson [Antonio Margheriti]

Durata, fotografia

90', colore

Paese:

Italia, Francia, RFT

Anno

1973

Scritto da Exxagon nell'anno 2007; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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