i Lunghi capelli della morte
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Voto:
Il nobile Humboldt e suo figlio Kurt (Giorgio Ardisson) si beccano una maledizione da una donna che, ingiustamente, fanno bruciare come strega. La figlia più giovane di questa, Lizabeth (Halina Zalewska), sposerà Kurt, ma la vita della coppia sarà turbata dall'arrivo della misteriosa Mary (Barbara Steele). Kurt è travolto dalla passione per Mary, dimentico della passata maledizione.
LA RECE
Gotico melò con la Steele a seno nudo, ma probabilmente non era lei. Resta, quindi, il bianco e nero d'atmosfera. Margheriti ha fatto meglio altrove.
Gotico di Margheriti, quello de la Vergine di Norimberga (1963), Danza macabra (1963) e Nude...si muore (1968). Con un plot un po' alla Edgar Allan Poe, fatto di morte, condanna, ritorno e vendetta, non si può dire che i Lunghi capelli della morte sia una perla di originalità. I dialoghi sono standard e sovente recitati con enfasi melodrammatica, così lo score musicale di Carlo Rustichelli che, all'organo, segue pedissequamente gli stereotipi del genere. Nonostante la prevedibilità del tutto, il film ha la sua buona atmosfera gotica fatta di segrete, castelli, ragnatele, streghe e qualche cadavere mezzo putrefatto; ad essere amanti del gotico d’antan, lo spettacolo potrebbe anche piacere. In ogni caso, i Lunghi capelli della morte è meglio noto per la scena in cui viene mostrato il seno della Steele, di solito sempre molto austera nelle sue apparizioni su grande schermo. Che sia davvero la Steele ci sono grandi dubbi: punto primo, il volto dell'attrice che mostra il seno è provvidenzialmente coperto dai capelli dall'inizio alla fine della scena; secondo, la donna sdraiata mostra di essere più "abbondante" di quanto sembri essere la Steele in piedi. Ad ogni modo, il film non avrebbe avuto lo stesso impatto senza la presenza della non canonicamente bella ma sempre affascinate Steele, la più grande goth queen che il nostro cinema abbia avuto. Non meno bella, però, è Halina Zalewska, attrice artisticamente scomparsa nel nulla intorno al 1975. Peccato. Entrambe le donne, nel film, portano cognome Karnstein, famoso nel genere vampiresco. Giorgio Ardisson sembra un po' sopra le righe e, vista la sua carriera povera di pellicole horror, si può supporre che non fosse questo il genere nel quale si trovava maggiormente a proprio agio. Non si tratta certo un gotico ai livelli de il Mulino delle donne di pietra (1960) o la Maschera del Demonio (1960) ma rimane, comunque, un pezzo di cinema italiano di genere godibile da coloro che hanno una comprovata dimestichezza con il bianco e nero, e che sopportano volentieri una certa melodrammaticità.
TRIVIA
⟡ Il cognome Karnstein, utilizzato dallo scrittore Le Fanu per dare nome alla sua vampira Carmilla, compare anche in: il Sangue e la rosa (1960), la Cripta e l'incubo (1964), Vampiri amanti (1970), Mircalla, l'amante immortale (1970), le Figlie di Dracula (1971); Behold the raven (2004).
Regista:
Anthony M. Dawson [Antonio Margheriti]
Durata, fotografia
96', b/n
Paese:
Italia
1964
Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
