Mosquito the rapist

-

Voto:

Dopo un'infanzia traumatica passata con un padre alcolista e incestuoso, il protagonista sordomuto (Werner Pochath), di cui non viene rivelato il nome, non trova pace fra le braccia di prostitute o contemplando una bella vicina di casa. La troverà in una casa funeraria nella quale s'introdurrà di nascosto a toccare cadaveri di donne e a succhiarne il sangue.

LA RECE

Joan Hawkins l'avrebbe definito "paracinema trasgressivo" ovvero film che esiste deliberatamente ai margini della rispettabilità cinematografica. Un po' scalcagnato, un po' davvero sinistro, decisamente exploitation e con troppo sesso per essere preso sul serio come psycho-horror. Quindi, il suo posto giusto è qui.

Horror misconosciuto, raro in quanto non sono molte le produzioni svizzere di genere, e anche perché si tratta di un precursore exploitation di pellicole europee a tema necrofilo quali Buio omega (1979), Nekromantik (1987), Luker the necrophagous (1986) forse catalizzato da precedenti sperimentazioni più arty quali la Tenerezza del lupo (1973). Noto anche come Bloodlust, il film trae spunto dalla vera vicenda del Vampiro di Norimberga che succhiava il sangue dal corpo di donne morte; nel film, la cosa viene compiuta con una sottile cannuccia, da cui il nomignolo del titolo. Il lavoro di Vajda, che avrà successivamente una carriera tutta televisiva, è un esercizio di morbosità con alti e bassi. L'attore Pochath (il Gatto a nove code, 1971; l'Iguana dalla lingua di fuoco, 1971; la Ragazza del vagone letto, 1979) riesce a trasmettere tutta la silenziosa alienazione del protagonista e a canalizzare l'atmosfera sinistra, disadorna e gelida che pervade la pellicola. La forza di Mosquito, tuttavia, è più relativa all'impatto della storia in sé che al modo nel quale è stata realizzata, e questo vale, anzitutto, per gli effetti speciali caserecci sovente sottolineati fastidiosamente da uno score musicale per organo. Il peggio, tuttavia, arriva con i siparietti erotici, non pochi, che spaziano da un flashback infantile che vede il padre abusare sessualmente della sorellina del futuro maniaco, interpretata da un'attrice adulta che non mostra il volto, alle sperimentazioni del protagonista con prostitute che non ottengono nessuna relazione fisiologica dal folle necrofilo; quest’ultima sequenza, anche per i suoi toni saffici del tutto exploitation, risulta assolutamente fuoriluogo rispetto alla generale atmosfera del film. Inciampi a parte, dalla regia arida di Vajda e dalla fotografia slavata ne sortisce un film distaccato, misantropo e, in qualche misura, sinistro. Certe lentezze di troppo, però, sono difficili da digerire e il finale è buttato lì come lo yogurt al sorcio di casa Moriconi. Film curioso, a tratti deprimente, a tratti inquietante, altrove poco serio per la voglia di esserlo troppo e per l'incapacità di adottare un rigore che si perde fra tette e spiate sotto la gonna. In quanto a splatter e sesso, però, non scherza.

TRIVIA

⟡ Nato nel 1931, l'operaio Kuno Hofmann divenne tristemente noto come il Vampiro di Norimberga. Nato sordo, e quindi anche muto, l'uomo ebbe un'infanzia terribile con un padre alcolista che lo picchiava e abusava di lui quasi ogni giorno. Dopo nove anni passati in prigione per un furto, Hoffmann iniziò a sviluppare l'idea bizzarra di poter aumentare il suo potere tramite le scienze occulte (psicosi con marcati elementi di pensiero magico). Si mise a studiare e praticare rituali magici e atti necrofili con una predilezione per il vampirismo tramite il quale credeva di poter ottenere un aspetto forte e bello. Fra il 1971 e il 1972, almeno 35 cadaveri di donne vennero presi di mira da Hoffmann, il quale non solo ne bramava il sangue, a suo dire per possederle dentro di sé, ma spesso aveva rapporti sessuali con essi. L'uomo arrivò a uccidere tre persone bevendo il sangue da ognuna delle vittime. Nel maggio del 1972, Kuno venne catturato e, nonostante la difesa nel processo si fosse appellata all'infermità mentale, l'uomo fu condannato a 30 anni di carcere. Pare che, fino al giorno del suo trasferimento presso una prigione federale, Kuno abbia continuato a chiedere ai secondini se si potesse avere un ultimo sorso di sangue di vergine. Scontata la sua pena, Kuno è stato rilasciato nel 2004 e pare che, ormai anziano, viva nell’anonimato nell’area di Norimberga. Dal 2008 non si hanno altre notizie. Dato l'anno di nascita, è probabile sia deceduto.

Titolo originale

Mosquito Der Schänder

Regista:

Marijan David Vajda

Durata, fotografia

88', colore

Paese:

Svizzera

Anno

1976

Scritto da Exxagon nell'anno 2009; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

commercial