l'Ultimo treno della notte

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Voto:

Margaret (Irene Miracle) e Lisa (Laura D'Angelo) tornano dalla Germania in Italia in occasione delle feste natalizie e scelgono di prendere il treno. Sulla carrozza ferroviaria incontrano due brutti ceffi (Falvio Bucci e Gianfranco De Grassi). Ai due si unisce una Signora Perbene (Macha Méril) che si rivela essere una sadica libertina peggiore dei due balordi. I criminali, guidati dalla donna, stuprano e uccidono le due giovani. I tre si disfano dei corpi e, solo per un caso fortuito, arrivati alla stazione alla quale sarebbero scese le due ragazze, vengono ospitati in casa dal padre (Enrico Maria Salerno) di una delle due.

LA RECE

Film di violenza e vendetta che critica la borghesia attraverso la storia di due ragazze aggredite su un treno da criminali manipolati da una signora apparentemente rispettabile. Il microcosmo ferroviario per rappresentare un macrocosmo malato in cui i veri colpevoli restano impuniti mentre gli emarginati pagano le conseguenze. Opera nichilista che sfida lo spettatore come voyeur complice. Attenzione, visione non adatta a tutti.

Uno dei figli de l'Ultima casa a sinistra (1972) di Wes Craven come sarà la Casa sperduta nel parco (1980) di Deodato, ma anche qualcosa di decisamente più profondo e superiore a livello tecnico e recitativo rispetto alla pellicola del ’72, ad esempio per eliminazione di superflui siparietti comici. Lontana dalle finalità exploitation di un cinema che vorrebbe condannare ciò che mostra, l’Ultimo treno della notte, di buon substrato sociopolitico, vuole che lo spettatore guardi, e con dovizia di particolari, chiamandolo ad un appello di responsabilità. Diviso fra una fase preparatoria alla violenza nella quale i personaggi si presentano sgradevoli e violenti in fieri, una seconda incentrata sulla violenza stessa, ed una terza incentrata sul fattore revenge, il film impegna parecchi minuti per inscrivere il dramma in una realtà sociale borghese e tranquilla, solo in apparenza, ma malata e distorta nei suoi anfratti. Interessante come il treno che porta dalla Germania in Italia sia stracarico di personaggi macchiettistici, quasi felliniani, e dia rifugio negli scompartimenti a vecchi nostalgici nazisti, a preti con il tic, a militari, ad emigranti, a signore di bell'aspetto che hanno un inferno da nascondere: il macrocosmo sociale ridotto a microcosmo su ruote di ferro. L'Ultimo treno della notte è una pellicola molto violenta, sia per ciò che mostra, sia per quello che suggerisce senza palesare. Le ragazze vengono percosse, stuprate, terrorizzate; una giovane viene deflorata con un coltello. Poi la morte, ovviamente. Allo spettatore non viene risparmiato nulla. Mentre una delle due ragazze spira, le immagini si alternano fra lo scompartimento e la festa nella casa paterna, un giro di valzer vorticoso e beffardo descrive la morte delle ragazze nel buio del treno e, al contempo, l'amore dei due genitori nella loro casa luminosa. Lado attacca direttamente lo spettatore proiettandolo nella pellicola con il ruolo ben preciso del voyeur interpretato da Franco Fabrizi, un uomo anonimo che guarda morbosamente il crimine, vi partecipa attivamente per poi, a danno compiuto, farsi cogliere dal rimorso e denunciare l'accaduto. I balordi che danno il via alle violenze non sono identificati con precisione, sono due sbandate pedine manovrate dalla Signora Perbene, la Macha Méril sensitiva in Profondo rosso (1975), un’algida bionda di mezz'età che parla di perdita dei valori con un politico democristiano ma che nasconde foto pornografiche nella borsetta. Il villain del film, destinato all’impunità, è proprio questa donna, richiamo involontario alle coeve aguzzine di Salò (1975), contrastata solo idealmente da Enrico Maria Salerno che, invece, va ad occupare l’altra faccia di una classe sociale detentrice del potere, manovratrice di reietti, perversa by proxy. I due perbenisti si riconosceranno come simili e non si pesteranno i piedi, lasciando che le colpe vengano pagate dagli emarginati. La filosofia anti-borghese sottostante, a propria volta inconsapevolmente classista nel voler inquadrare i “poveracci” come pedine incoscienti della classe intellettuale e agiata, ha, però, una connotazione pervasivamente cinica. Validissimo il comparto attoriale, anche se Enrico Maria Salerno (l'Uccello dalle piume di cristallo, 1970) non sembra trovarsi del tutto a proprio agio in una produzione del genere; indimenticabile, invece, Méril, e ben reso il Fusto da Flavio Bucci (Suspiria, 1977; il Marchese del Grillo, 1981). Cameo per una ancora poco nota Dalila di Lazzaro. Morricone firma le musiche e, come in C'era una volta il West (1968), compone un tema suonato con l'armonica da uno dei due balordi. Film duro, sconsigliato agli ipersensibili ma ragguardevole nella tecnica e nella sua dimensione nichilista. Voto carico.

TRIVIA

Aldo Lado (1934-2023) dixit: “… sono tutti animali. Nessuno è positivo. Per esempio, le due ragazze, quella tedesca, più spigliata, più aperta, e l’altra quella italiana, più tradizionalista, legata alla famiglia, sono solo due “stronze” che stanno lì a ridere di banalità a mangiarsi il dolcetto con la candelina. Patetiche! Per non parlare di Flavio Bucci e quell'altro che, in fondo, sono soltanto dei cialtroni e lo sottolineo quando, alla stazione di Monaco, per sfregio alla borghesia, tagliano la pelliccia della signora, ma non si sognano mica di rubarla. Dei deficienti! Ci sono tutta una serie di annotazioni di questo tipo nel film” (Nocturno dossier 30, 2005).

⟡ A motivo di una resa non eccellente di Salerno, in genere attore pregevolissimo, si può ipotizzare una certa stanchezza dovuta al fatto che, negli stessi giorni nei quali venivano compiute le riprese di questo film, l’attore era impegnato a teatro.

⟡ Si dice che quando vi fu la proiezione per il comitato censura, una dei membri dovette allontanarsi per andare a vomitare sconvolta dalla visione.

⟡ La Di Lazzaro avrebbe dovuto avere un ruolo più esteso come assistente ed amante del personaggio interpretato da Salerno ma la maggior parte delle scene girate dall'attrice vennero eliminate per limitare la durata della pellicola.

⟡ Presentato in commissione censura come Violenza sull’ultimo treno della notte, il film venne praticamente cassato. Lado, allora, lo ripresentò con il titolo l’Ultimo treno della notte ad un’altra commissione con tagli limitati e altri accorgimenti, evitando il ban e ottenendo il divieto ai minori di 18. La cosa, ovviamente, affossò i guadagni al botteghino ma, nel tempo, il tempo ha riconquistato il suo pubblico.

Regista:

Aldo Lado

Durata, fotografia

91', colore

Paese:

Italia

Anno

1975

Scritto da Exxagon nell'anno 2008 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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