Babadook
Voto:
La vedova Amelia Varnick (Essie Davis) è più che impegnata ad allevare il piccolo figlio Samuel (Noah Wiseman), iperattivo, problematico e terrorizzato da un ipotetico mostro nascosto nell’armadio. Un giorno, Sam chiederà alla madre di leggergli un libro, uscito non si sa dove, nel quale si descrivono le gesta di Mister Babadook, spaventosa creatura che vuole invadere le case, atterrire e uccidere coloro che le abitano. Sam crede subito alla possibile esistenza di Babadook, mentre Amelia nega benché inizi ad avvertire una strana presenza in casa.
LA RECE
Può già funzionare come monster-movie con un orco desideroso di fagocitare il bimbo difeso dall’amorevole madre, ma il secondo livello di lettura vede Babadook come un film profondamente drammatico che parla, in primo luogo, di disagio psichico.
Debutto al lungometraggio per l’attrice Australiana Jennifer Kent che aveva dato un assaggio dell’idea con il corto Monster (2005) da lei stesso definito “Baby Babadook”. L’idea le venne per quanto le fu raccontato dalla madre single di un bambino traumatizzato da una figura mostruosa che il pargolo vedeva ovunque in casa. “Cosa accadrebbe se questa entità fosse, in una certa misura, reale?” Da questa ipotesi il corto e, poi, racimolato parte del budget tramite un crowdfunding su Kickstarter, il lungometraggio in esame che ha conosciuto una meritata fortuna fra il pubblico e un inaspettato interesse da parte della comunità LGBTQ+ solo perché Netflix, erroneamente, aveva inserito Babadook nell’elenco delle pellicole a tema gay. Rispetto ad altri film con un uomo nero che assedia una casa e chi la abita come un Boogeyman (2005) qualunque, Babadook gravita, benché a una certa distanza, intorno all’horror psicologico tipo Repulsion (1965) di Polanski, ovvero storie di un orrore domestico che promana dalla disintegrazione psicotica di una donna, in questo specifico caso portata al delirio per lo stress genitoriale e per l’assenza di una compensazione affettivo-sessuale. Seppure a livello superficiale il film possa funzionare non male come monster-movie con un orco desideroso di fagocitare il bimbo difeso dall’amorevole madre, una lettura siffatta sarebbe, appunto, molto superficiale e porterebbe a liquidare il lavoro della Kent come un comune horror che somministra una buona manciata di spaventi. Babadook è, invece, un film profondamente drammatico che parla in primo luogo di disagio psichico, quello del bambino e di sua madre, nonché della sinergia di questi due quadri patologici che portano a una follie à deux, a un delirio condiviso. L’interpretazione funziona ancora meglio, o almeno assume un taglio sinistro, se si lascia intendere che Mister Babadook sia solamente un delirio materno che il bambino percepisce poiché suggestionato: Mister Babadook sarebbe, dunque, l’incarnazione delle pulsioni aggressive della donna verso il proprio stesso figlio, tali da far emergere comportamenti pericolosamente prossimi all’infanticidio. Come non di rado avviene per le pulsioni aggressive dirette a persone che invece dovremmo amare, esse, inaccettate e difensivamente proiettate all’esterno, assumono forma persecutoria e terrorizzante, coerentemente con la loro inziale natura. Pregevole e inusuale per un horror che nessuno muoia e che il mostro, come detto incarnazione del disagio psicologico, non venga del tutto liquidato ma contenuto difensivamente e, al contempo, nutrito; esso, ombra junghiana, è sempre presente benché temporaneamente inoffensivo, pronto a riscatenarsi se le condizioni faranno slatentizzare il disagio. Una dolorosa considerazione connessa alla coesistenza umana con la psicopatologia come fattore latente. Babadook è un film piacevolmente femminile sia per l’indagine della vita di una donna sola, sia per la coraggiosa volontà della regista di descriverla evitando gli stereotipi di una maternità e di una femminilità bonaria. Magistrale la resa attoriale della Davis, donna dall’aspetto fragile come le protagoniste polanskiane o la Duvall di Shining (1980), e assolutamente ben scelto e diretto il piccolo Noah Wiseman, il quale, in men che non si dica, viene percepito come sgradevole. Jennifer Kent stupisce al suo debutto con un horror di modesta fattura produttiva, di una certa lentezza iniziale ma di enorme impatto complessivo, capace di funzionare in ogni suo ingranaggio e poco adatto solamente a coloro che dall’horror si aspettano sangue e fuochi d’artificio. La paura, comunque, non manca affatto. Uno degli horror più interessanti del primo ventennio del XXI secolo da vedere in double-bill con l’iraniano Sotto l’ombra (2016).
TRIVIA
Jennifer Kent (1969) dixit: “All’inizio del lavoro sulla sceneggiatura, ricordo di aver letto la storia di un ragazzo che aveva rotto con la moglie ed era in cima a un ponte in un ingorgo stradale, e lui prese sua figlia di cinque anni e la gettò dal ponte. Ricordo di essere rimasta inorridita da questo. Ma ho anche pensato, be’, è un essere umano. Allora, cosa l'ha portato a quel punto? E c'è il seme di questo in tutti noi? Volevo davvero esplorare la genitorialità da una prospettiva molto reale. Ora, non sto dicendo che tutti potremmo uccidere i nostri figli ma molte donne hanno difficoltà. Ed è un argomento decisamente tabù dire che la maternità sia tutt'altro che un'esperienza perfetta per le donne; al punto che ho cercato di fare delle ricerche, ed è stato davvero difficile trovare qualcosa sull'argomento” (denofgeek.com).
⟡ Il film è stato accompagnato da una campagna di vendita che ha interessato il libro pop-up di Babadook, illustrato da Alex Juhasz. Ne sono state vendute circa 9.500 copie. Le prime 2000 sono firmate dalla regista.
⟡ William Friedkin, il regista de l’Esorcista (1973), ha dichiarato che Babadook è l’horror più spaventoso che lui abbia mai visto.
⟡ Nel film viene mostrata in tv una scena da i Tre volti della paura (1963) di Mario Bava e la sequenza che segue in Babadook riprende in qualche modo ciò che viene mostrato nel film del ’63.
⟡ Le scelte di scenografia e di abbigliamento mostrate nella pellicola riprendono i toni della società distopica de-scritta in Brazil (1985) di Terry Gilliam.
⟡ La regista Kent è detentrice dei diritti del film e ha annunciato che non permetterà mai che venga realizzato un sequel di Babadook: “Non permet-terò mai che venga prodotto nessun sequel perché non è quel genere di film. Non mi interessa quanto mi possano offrire, semplicemente non avverrà”.
⟡ Il film è costato 2 milioni e mezzo di dollari, dei quali 30.071 sono stati ottenuti tramite crowdfunding; buona parte di questi ultimi sono stati spesi per le scenografie.
⟡ In ebraico, “ba-badook” significa “Lui sta venendo davvero”.
⟡ L’aspetto dell’entità persecutoria si ispira a quanto mostrato da alcuni fotogrammi del film il Fantasma del castello (1927), pellicola andata perduta che vedeva come villain Lon Chaney.
⟡ La Kent e l’attrice Davis erano state compagne di corso alla scuola di recitazione.
⟡ Jennifer Kent è stata particolarmente attentata a evitare che il piccolo Noah, di soli sei anni, potesse essere turbato dal tema del film. Tutte le volte che una scena prevedeva che Amelia compisse abusi di qualche tipo sul bambino, quest’ultimo non era presente sulla scena. La mamma di Noah era sempre presente sul set e quando il bambino veniva fatto recitare, di fronte a lui veniva messo un adulto in ginocchio.
⟡ La presenza di Babadook si accompagna a suoni e grida campionati da videogiochi: c’è l’urlo di Motaro da Mortal Kombat, un campionamento vocale da Resident Evil, il verso di un drago da Warcraft II e un terzo suono campionato da UFO: Enemy Unknown (X-Com).
Titolo originale
The Babadook
Regista:
Jennifer Kent
Durata, fotografia
93', colore
Paese:
Australia, Canada
2014
Scritto da Exxagon nell'anno 2015 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
