Meshes of the Afternoon
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Voto:
Una donna (Maya Deren) percorre un vialetto soleggiato che conduce alla sua abitazione. Raccoglie un fiore caduto sul sentiero, intravede una figura ammantata di nero che scompare dietro un angolo, armeggia con una chiave che le sfugge di mano. Entra in casa: il telefono è staccato, un coltello da pane è conficcato in una pagnotta, un disco gira sul fonografo. Si siede su una poltrona e, mentre la luce pomeridiana filtra dalle finestre, si addormenta. Da questo momento, il confine tra veglia e sonno si dissolve. La donna rivive ossessivamente la stessa sequenza di eventi, ma ogni iterazione introduce variazioni sempre più perturbanti. La chiave si trasforma in coltello, gli oggetti migrano da una stanza all'altra, la protagonista si moltiplica fino a trovarsi seduta al tavolo con altre versioni di se stessa. La figura incappucciata - il cui volto è sostituito da uno specchio che riflette chi la guarda - deposita ritualmente il fiore sul suo cuscino. Un uomo (Alexander Hammid) fa la sua comparsa, apparentemente per risvegliarla, ma la distinzione tra realtà e sogno rimane irrisolta.
LA RECE
Cortometraggio seminale di Maya Deren e Alexander Hammid che traduce in puro cinema i meccanismi dell'inconscio, anticipando di decenni Lynch e Polanski, di oggetti domestici che diventano minacce e ripetizioni ossessive che spiraleggiano verso l'angoscia. Con un'economia di mezzi degna del miglior indie d'avanguardia, i due cineasti creano un gioco di doppi che ancora oggi conserva intatta la sua capacità di inquietare.
Debutto cinematografico come regista, attrice e sceneggiatrice per l’ucraina Maya Deren; al suo fianco, il coniuge di allora, Alexander Hammid, che si occupava di montaggio e regia cinematografica fin dal 1930 circa. Il desiderio dei due era creare un film autoriale d'avanguardia che affrontasse la psicologia complessa, con l’appeal di un’opera surrealista quale un Cane andaluso (1929); ci aiuta, per un film di non immediata comprensione, l’intervento della stessa autrice: “Meshes si occupa delle esperienze interiori di un individuo. Non registra un evento che potrebbe essere visto da altre persone. Piuttosto, riproduce il modo in cui il subconscio di un individuo sviluppa, interpreta ed elabora un evento apparentemente semplice e casuale in un'esperienza emotiva critica" (IMDb.com). L’estrema economia di mezzi tipica dell’indie più avanguardista costituisce uno dei suoi punti di forza: i due artisti riescono a creare effetti visivi di sorprendente efficacia, costringendo lo spettatore a partecipare attivamente alla costruzione del senso, a colmare i vuoti con la propria immaginazione, sicché il cinema della Deren diviene un cinema della complicità. Il celebre movimento della protagonista che sembra fluttuare verso la finestra, resistendo a una brezza metafisica che la risucchia verso l'esterno, o la sequenza nella quale ondeggia fra i muri della scalinata in armonia con il movimento della telecamera, dimostrano come l'inventiva possa supplire alla mancanza di risorse. Fa impressione come Meshes of the afternoon, a così tanti anni di distanza, conservi intatta la sua capacità di inquietare e sedurre; né è complesso intercettare la grande seminalità che questo lavoro di soli 14 minuti ha avuto su tutti i film a venire che si siano interessati di descrivere i territori del sogno e dell’inconscio attraverso l'immagine in movimento, da Kenneth Anger (Lucifer rising, 1972) a David Lynch, da Roman Polanski (Repulsion, 1965) a Darren Aronofsky (P Greco - il Teorema del delirio, 1997). Per comprendere appieno Meshes of the Afternoon occorre considerarlo come una traduzione visiva dei meccanismi onirici descritti da Freud ne "L'interpretazione dei sogni". I processi di condensazione e spostamento che governano la logica dell'inconscio trovano qui una trasposizione cinematografica di rara coerenza: la chiave che diventa coltello rappresenta esattamente quello spostamento simbolico attraverso cui il sogno maschera i propri contenuti latenti; la moltiplicazione della protagonista incarna, invece, quel fenomeno di condensazione per cui diverse istanze psichiche si fondono in un'unica immagine. Abbiamo anche la rappresentazione del unheimliche freudiano, il perturbante: quella particolare sensazione di inquietudine che nasce quando il familiare diventa improvvisamente estraneo. L'appartamento della protagonista - casa, luogo sicuro per eccellenza - si trasforma in una trappola labirintica nella quale ogni oggetto quotidiano acquista una minacciosa alterità. Come nel succitato Repulsion, le pareti domestiche diventano membrane permeabili all'orrore. La struttura del film replica con precisione quella che Freud chiamava "coazione a ripetere", quel meccanismo psichico per cui il soggetto si trova costretto a rivivere esperienze traumatiche, incapace di elaborarle e superarle. Ogni volta che la protagonista percorre il vialetto, entra in casa, si siede sulla poltrona, sta inconsciamente cercando di padroneggiare un trauma che rimane sempre fuori dalla sua portata cognitiva. La figura incappucciata con lo specchio al posto del volto rappresenta, forse, l'incarnazione più potente del doppio nel cinema; ombra junghiana, pare che essa non sia altro se non una proiezione di sé. La struttura a spirale del film - non propriamente circolare, perché ogni iterazione introduce elementi nuovi che amplificano l'angoscia - anticipa di decenni le architetture narrative di Mulholland Drive (2001), in cui Lynch costruisce un analogo gioco di specchi tra realtà, sogno e desiderio. Non è azzardato affermare che senza Meshes of the Afternoon non avremmo il cinema lynchiano per come lo conosciamo. Benché i debiti con un Cane andaluso siano evidenti, sarebbe riduttivo classificare questo lavoro di Deren e Hammid come un semplice epigono del surrealismo di Buñuel. Il cinema della Deren, infatti, non vuole “épater le bourgeois”, bensì vuole mappare i territori dell'anima “scavando in profondità anziché procedere in orizzontale" come lei stessa ebbe a dire. L'influenza di Meshes of the Afternoon sul cinema successivo è difficile da sopravvalutare. Oltre ai già citati Lynch e Polanski, si potrebbero menzionare Bergman (Persona, con il suo gioco di doppi e identità intercambiabili) o Roeg (A Venezia... un dicembre rosso shocking, con la figura ammantata di rosso che si aggira per le calli). Ma forse l'eredità più significativa riguarda il cinema come forma d'arte autonoma, irriducibile alla letteratura o al teatro. Deren teorizzò e praticò un cinema che non racconta storie ma crea esperienze, un cinema che non rappresenta la realtà ma ne inventa di nuove. In questo senso, Meshes of the Afternoon rimane un manifesto e, insieme, un capolavoro compiuto: la dimostrazione che quattordici minuti possono contenere tutto il senso della magia cinematografica. Visione obbligata per tutti coloro che vogliano andare oltre la visione occasionale di film.
TRIVIA
Eleonora “Maya Deren” Derenkovskaya (1917-1961) dixit: “Meshes of the Afternoon è il mio punto di partenza. Non me ne vergogno, perché penso che, come film, regga molto bene. Dal punto di vista del mio sviluppo personale, non posso fare a meno di essere leggermente orgogliosa che quel primo film - quel punto di partenza - avesse basi così relativamente solide. Ciò è dovuto a due fatti principali: in primo luogo, al fatto che fino ad allora ero stata una poetessa, e il motivo per cui non ero stata una brava poetessa era perché, in realtà, la mia mente lavorava per immagini che avevo cercato di tradurre o descrivere a parole; quindi, quando ho intrapreso il cinema, mi sono liberata dal passo falso di tradurre l'immagine in parole.” (IMDb.com)
⟡ Chi voglia approfondire l’interessante vita di Maya Deren, segua il link.
⟡ Meshes of the Afternoon vinse il Grand Prix International per il cinema d'avanguardia al Festival di Cannes del 1947; è stato selezionato per la conservazione nel National Film Registry dalla Biblioteca del Congresso nel 1990 per il suo significato culturale e storico; è stato inserito tra i "1001 film da vedere prima di morire", a cura di Steven Schneider; si è classificato al 16° posto nel sondaggio “Sight and Sound Great Films of All Time” del 2022; ha ottenuto una valutazione del 100% basata su sei recensioni critiche su Rotten Tomatoes.
⟡ Il curatore del film, Thomas Beard, ha riferito che il budget per il film era di 260 dollari (l'equivalente di circa 4.600 dollari nel 2025).
⟡ Il film fu girato nella casa che Deren e Hammid condividevano a Los Angeles.
⟡ Originariamente prodotto senza colonna sonora, ne fu aggiunta una nel 1959 dal secondo marito di Maya Deren, Teiji Itô, nello stile della classica musica giapponese.
Fast rating

Titolo originale
Id.
Regista:
Maya Deren, Alexander Hammid
Durata, fotografia
14', b/n, muto
Paese:
USA
1943
Scritto da Exxagon nel dicembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

