Non violentate Jennifer
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Voto:
Jenny Hills (Camille Keaton) affitta una casa di campagna nella quale intende impiegare il tempo per scrivere un romanzo. Un gruppo di bifolchi del luogo, però, la rapisce e la stupra a turno lasciando all'idiota della gang il compito di ucciderla. L'uomo non ha la forza di eseguire il mandato ma fa credere agli amici di aver portato a termine il compito. Jennifer si riprende e pianifica la vendetta.
LA RECE
Il Rape & Revenge per antonomasia. Il corpo traumatizzato come spettacolo exploitation ma la trasformazione di Jennifer da vittima a vendicatrice rappresenta un sovvertimento radicale dei tradizionali ruoli di genere nell'horror. Seminale lavoro non per tutti gli occhi.
Film controverso, vituperato, censurato e bandito in diversi Stati che riassume in sé, in maniera quasi standardizzata, le regole del sottogenere rape and revenge, ovvero quel tipo di exploitation in cui una donna è vittima di uno stupro e, in seguito, si vendica a danno degli aguzzini. Il film fu distribuito nelle sale nel 1978 come Day of the woman, titolo che attirò ben poco la curiosità del pubblico. Nell’81, quindi, il distributore Jerry Gross lo rietichettò I spit on your grave, sputo sulla tua tomba, titolaccio lurido preso da un dramma francese del 1959. In Italia, la pellicola arrivò con l’ambiguo titolo Non violentate Jennifer, una supplica inascoltata dai villici del film o una dritta per chi voglia evitare di incorrere nelle ire di Jennifer. Due fra i più noti critici al mondo, Rogert Ebert e Gene Siskel, rimasero schifati dalla pellicola, così come dal pubblico attirato da tale pellicola; Ebert raccontava di una platea esaltata sia dagli stupri, sia dalla sanguinosa vendetta della protagonista, e definì il film di Zarchi il peggiore nella storia del cinema. Ebert e Siskel partirono per una crociata contro I Spit on your grave e ciò, come prevedibile, aumentò in maniera esponenziale gli incassi. Zarchi stesso ebbe a dire, anche in previsione del remake previsto nel 2010: "Più il film venne attaccato, più soldi finirono nelle mie tasche. Le due persone che contribuirono di più a questo, specialmente all'inizio, furono Siskel ed Ebert [...] Non cambierei un solo fotogramma del film e spero che il remake sia altrettanto controverso". A livello tematico, in maniera non originale, il film rientra in quella serie di pellicole girate negli anni '70 che sembravano proporre una cine-terapia scioccante alla classe media: Cane di paglia (1971), un Tranquillo weekend di paura (1972), l'Ultima casa a sinistra (1972), Non aprite quella porta (1974), un'Ombra nel buio (1975), quest'ultimo seminale rispetto a Non violentate Jennifer. Però, a differenza dei precedenti, e per la sua asciuttezza realizzativa, il film di Zarchi puzza di exploitation più di quanto auspicabile. Il primo terzo mostra la protagonista, indubbiamente bella, che si mostra generosa al pubblico e non ai villici stupratori, inoltre le riprese delle nudità attraverso le fratte non fanno che aumentare questa dimensione voyeuristica; il fatto che il voyeurismo trasformi lo spettatore in potenziale complice della violenza è materia di discussione; altrove, il concetto è espresso più chiaramente (l'Ultimo treno della notte, 1975). Zarchi non si spreca in un utilizzo originale della macchina da presa né cura eccessivamente l'audio, tanto che molti dialoghi sfuggono nella versione originale, però, la fotografia è meno pedestre di quanto ci si attenda e ciò salva la pellicola almeno sul piano estetico facendola risultare più gradevole di quanto alcuni detrattori dicano. Il mondo che dipinge Zarchi è di ambigua comprensione, tanto quanto la finalità della sua pellicola che, a detta del regista, nasce da un episodio di vita vissuta come fosse cinema di denuncia per poi sgattaiolare verso il pruriginoso. Manicheo nella separazione fra elemento femminile e maschile, Non violentate Jennifer si svolge su un territorio in cui i maschi sono delle bestie che stanno alle regole sociali fintanto che è strettamente necessario ma, nonappena ne viene data la possibilità, l'istinto predatorio prende il sopravvento, e non c'è maschio che non approfitti della prima bella donna di passaggio. Se, in essenza, Non violentate Jennifer mette in scena questo universo poco reale e strumentale al film stesso, d'altra parte riesce anche a inserire riflessioni interessanti. Lo stupratore padre di famiglia, colui che sembra essere la mente del gruppo, come giustificazione alle sue azioni commenta: "Ciò che ti è successo è una cosa che avrebbe fatto ogni uomo. Un uomo riceve il messaggio velocemente, che sia sposato o meno. Un uomo è un uomo. Tu mostri le tue dannate gambe sexy, camminando avanti e indietro molto lentamente..." (t.d.a.). In questa osservazione, al di là degli eccessi, o proprio per quelli, il film risulta doloroso e, forse, la ragione base per cui a molti uomini, più o meno consciamente, Non violentate Jennifer è risultato sgradito e sgradevole. La seconda parte del film, quella che vede la vendetta della protagonista, è un succedersi di ulteriori violenze più o meno macchinose nelle quali la donna usa la seduzione come esca-contrappasso per uomini talmente ottusi da credere che esista una donna sana di mente che possa aver apprezzato il trattamento riservatole tanto da volerne ancora. La rudezza della pellicola e delle interpretazioni (la Keaton è poco sopra la media) impedisce una vera e propria empatia, e la violenza pervasiva non rende la vendetta della donna un'esperienza catartica. In ogni caso, se il successo di una pellicola fosse misurato solo in merito alla reazione sollecitata nel pubblico, I spit on your grave potrebbe facilmente risultare uno dei film più riusciti della storia poiché Jennifer subisce non uno ma tre stupri di seguito e il risultato di tutto ciò è decisamente disturbante. Se mai si volesse dare prova di quanto brutale possa essere una violenza sessuale, di certo questo film avrebbe da offrire materiale di studio. Disturbante, quindi, non eccelso tecnicamente e con un piede nell'exploitation ma non "a vile bag of garbage", un turpe sacco d’immondizia, come fu definito da Ebert. Rifatto nel 2010 come I spit on your grave indugiando maggiormente sulla violenza ai danni della donna e meno su quella conseguente alla vendetta sugli uomini, accentuando un certo voyeurismo sadico e misogino per sollazzare il potenziale target della pellicola. Il regista del remake, Steven R. Monroe, ha comunque saputo esercitare un maggior controllo sulle riprese; la sceneggiatura meglio scritta consente ai personaggi di uscire dalla dimensione macchiettistica. L’originale, però, più ambiguamente, lasciava che Jennifer si vendicasse utilizzando le armi seduttive amate dagli stupratori; nel remake, invece, la sua vendetta è più canonica e crea un netto spartiacque fra eroina e antagonisti. Per amore di sintesi, si può dire che I spit on your grave anno domini 2010 è più bello ma non migliore dell’originale. Gli spettatori impressionabili rimarranno impressionati da entrambe le pellicole. Comunque, il film ha codificato un linguaggio cinematografico della vendetta femminile che ritroveremo in film come l'Angelo della vendetta (1981) di Abel Ferrara, Denti (2007) di Lichtenstein, Kill Bill (2003) di Tarantino o a una Donna promettente (2020) di Emerald Fennell. Al film del 1993 seguì una sorta di remake che vedeva nella parte femminile ancora la Keaton. Si tratta di Savage vengeance girato da Donald Farmer, anche noto come I will dance on your grave. Il remake di Monroe, invece, ha come sequel: I spit on your grave 2 (2013) e I spit on your grave 3: vengeance is mine (2015). Tuttavia, il vero remake, ancora a firma Zarchi, lo si avrà nel 2019 con il titolo I spit on your grave: deja vu (2019).
TRIVIA
Meir Zarchi (1937) dixit: “Cos'è exploitation? Definisci exploitation. Che cos'è artistico? Come si fa a creare qualcosa di artistico? Qual è la linea di demarcazione tra arte ed exploitation? Puoi definirlo? Puoi mostrarmi la linea geografica o teorica nella quale si trova, in modo che io possa trovarla? Dimentica le mie intenzioni! Parlami dei fatti! Perché ognuno interpreta le mie intenzioni in modo diverso. Quali sono i fatti? Dov'è il limite esatto in cui si supera l’exploitation e si passa alla creatività, oppure si supera il talento, la creatività, la genialità del fare qualcosa di artistico e si entra nell’exploitation? Cos’è? Dov’è?” (bloody-disgusting.com).
⟡ Camille Keaton, da sua dichiarazione resa nel 2010, è lonta-namente imparentata con il grande comico Buster Keaton. L’attrice iniziò la sua carriera a Roma, prima negli spot pubblicitari (fece, fra gli altri, spot per la Algida e per la Perugina), poi passò a controfigurare Ewa Aulin (la Morte ha sorriso all’assassino, 1973) prima di approdare a produzioni più importanti come Cosa avete fatto a Solange? (1972). Di Non violentate Jennifer, l’attrice ha detto: “È stato senza ombra di dubbio il film più difficile che abbia mai fatto. Nessuno era a suo agio. […] Quando giravo a Roma non mi sono mai veramente preparata per i ruoli che interpretavo, in Non violentate Jennifer sì, e c’erano anche moltissimi nudi. Però ho chiesto il permesso ai miei genitori se potevo farlo [nel ‘78, Camille aveva, comunque, 31 anni]. […] In alcuni momenti era molto doloroso. La scena in cui uno degli aguzzini mi picchia, per esempio, è stata molto impegnativa psicologicamente anche per me” (Nocturno 88, 2009).
⟡ La cicatrice sul lato sinistro del volto della Keaton visibile nelle scene post-stupro è una vera cicatrice, solo esagerata dal make-up, conseguente a un incidente stradale subito dalla donna in giovane età. Nelle scene iniziali e finali, la cicatrice venne coperta con una buona dose di fondotinta.
⟡ Il regista Zarchi ha riferito di preferire il titolo Day of the woman.
⟡ Zarchi raccontò che la storia gli venne ispirata da un fatto occorsogli a New York dopo che ebbe aiutato una giovane donna che aveva subito una violenza carnale. Zarchi, un suo amico e la sorella di quest'ultimo erano in macchina presso un parco pubblico quando videro uscire da un cespuglio una ragazza insanguinata e nuda; si venne a sapere in seguito che la giovane aveva preso una scorciatoia per incontrare il suo ragazzo e che, in questa, aveva subito l'agguato. I tre fecero salire la ragazza in macchina, portarono la sorella a casa e, quindi, si consultarono se portare la ragazza all'ospedale o alla polizia. Decisero di portare ragazza prima alla polizia, cosa che si rivelò un errore. L'ufficiale che accolse il caso perse un sacco di tempo e, invece di preoccuparsi della salute della ragazza, la trattenne per subissarla di domande riguardo l'accaduto nonostante la vittima avesse la mandibola rotta e parlasse a malapena. Il regista, che nel frattempo non aveva abbandonato la ragazza, insistette che si portasse la ragazza in ospedale e, alla fine, il poliziotto gli diede ascolto. Dopo pochi giorni, il padre della ragazza scrisse una lettera a Zarchi per ringraziarlo, annunciandogli che gli avrebbe consegnato una ricompensa in denaro. Zarchi rifiutò.
⟡ Il film non ha score musicale. Il regista voleva aggiungere qualche brano ma non trovò nulla che si addicesse, così, le uniche musiche che si possono sentire sono un estratto di Puccini ("Sola, Perduta, Abbandonata" dalla Manon Lescaut), un brano suonato da un organo in chiesa, una musica di sottofondo in un negozio e qualche nota suonata da Johnny con l'armonica.
⟡ Richard Pace, nel film Matthew, spaventò il regista nella scena della sua impiccagione: Zarchi pensava che l'attore stesse dando il meglio davanti alla cinepresa ma presto capì che qualcosa stava andando storta; Pace non stava soffocando ma, soffrendo di vertigini, stava avendo un attacco di panico.
Titolo originale
Day Of The Woman o I Spit On Your Grave
Regista:
Meir Zarchi
Durata, fotografia
100', colore
Paese:
USA
1978
Scritto da Exxagon nell'anno 2006; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
