Reincarnation

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Voto:

Negli anni '70, un professore aveva ucciso, in un hotel, dodici persone compresi due bambini. Una trentina di anni dopo si decide di realizzare un film su quel tragico fatto e viene scelta, nel ruolo di una bambina, Nagisa (Yûka) che, da lì a poco, inizierà ad avere visioni con protagoniste le vittime di quel massacro.

LA RECE

Elementi che richiamano precedenti horror, alcune sequenze spaventose ma la tensione non regge per l'intera durata. Interessante riflessione metacinematografica sul valore dell'horror come esorcismo delle paure inconsce, piuttosto che come semplice intrattenimento morboso. E poi la bambola...

Terzo film dell'Hexagon Project J-Horror Theatre in compagnia di Infection (2004) e Premonition (2004). All'alba del 2005, di j-horror l'appassionato ne ha visti parecchi e, chiaro, quello che le prime volte terrorizzava, adesso fa meno paura. Reincarnation presenta qualche elemento di novità ma, tutto sommato, ricalca la ben nota mitologia del cinema di paura nipponico, in questo caso compiendo una sintesi fra Ju-On (2002) dello stesso Shimizu e niente di meno che Shining (1980). Nell'hotel del film compare, infatti, la stanza numero 227, omaggio alla 237 della pellicola di Kubrick con dieci numeri in meno di doveroso rispetto. Nonostante la poca originalità dell'operazione, il mix funzionicchia. La storia, che ha delle interessanti premesse, non è comunque il piatto forte della pellicola, poiché la vera forza di Shimizu non è mai stata la narrazione ma l'illustrazione di siparietti spaventosi legati da un'idea centrale: assolutamente indimenticabile in Reincarnation è la bambola, soprattutto nella scena finale quando cammina verso la protagonista per presentare allo spettatore un volto non molto dissimile da quello di Chucky de la Bambola assassina (1988). Il film, quindi, offre alcune sequenze molto valide sul piano orrorifico ma la tensione non regge per un'ora e mezza e lo spettatore arriva al termine della visione un poco annoiato. Shimizu, come fu per per Ju-On, non fa mancare nel suo film alcuni giochetti visivi finalizzati a con-fondere passato e presente in una dimensione quasi onirica che crea non poche perplessità rispetto allo svolgimento dei fatti. Nonostante il piano narrativo non sia l'elemento più solido del film, Reincarnation presenta un punto d'interesse a livello tematico. La pellicola è metacinematografica nel ritrarre il film nel film ma, soprattutto, compie una considerazione sul valore del cinema horror. Il professore universitario interpretato dal Kiyoshi Kurosawa di Pulse (2001) ha pianificato di girare una ricostruzione del dramma avvenuto nell'hotel per dare pace alle anime della gente che fu uccisa, suggerendo l'idea che il j-horror, e l’horror tutto, esorcizzi le paure di qualsiasi natura esse siano; non si tratterebbe, quindi, di puro intrattenimento ma di una dinamica socioculturale che parla direttamente all’inconscio. Che l'horror non generi ma, piuttosto, liberi le paure inconsce esorcizzandole è cosa molto più vera e sensata di quanti, invece, sostengono che l'appassionato di horror sia fondamentalmente un morboso che ama vedere immagini truculente. Reincarnation, tuttavia, inscrive queste interessanti considerazioni in un modesto impianto realizzativo che si giova unicamente di alcuni sparuti siparietti riusciti. Il produttore Taka Ichise, anche dietro al successo di Ringu (1998) e Ju-On, ha caldeggiato l’ipotesi di un remake statunitense ma il modesto ritorno della pellicola non ha portato, per ora, a nessun rifacimento.

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Rinne

Regista:

Takashi Shimizu

Durata, fotografia

95', colore

Paese:

Giappone

Anno

2005

Scritto da Exxagon nell'anno 2009 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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