Tokyo gore police

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L'avveniristica polizia di Tokyo è alla ricerca degli Ingeneri, persone infettate da uno strano tumore a forma di chiave che muta il corpo e ne trasforma le parti in orribili armi. I compiti più difficili sono lasciati alla poliziotta Ruka (Shiina Eihi), silenziosa e letale, in cerca di colui che uccise suo padre. Il Key-man (Itsuji Itao), colui che diffonde il contagio nonché il target di Ruka, ha informazioni che potrebbero cambiare le carte in tavola.

LA RECE

Ultragore nipponico con una storia da raccontare ma, soprattutto, un pubblico da divertire e sconvolgere con violenza, amputazioni, mutazioni come poche volte si possono incontrare in un film. A chi piace il genere, il film piacerà molto. Gente estranea a questo cinema bizzarro ed estremo rimarrebbe basita.

Il Giappone non è sicuramente nuovo alle produzioni ultragore nelle quali la violenza si mischia a una, più o meno, involontaria tragicomicità degli eventi; un loro peculiare way of life horror che si affianca al più pacato stile dei fantasmi ipertricotici creando un panorama produttivo assai interessante. A partire da film quali Yakuza's law (1969) fino ad arrivare a the Machine girl (2007), il paese del Sol Levante ha insegnato che non esiste un limite alla creatività nell'ambito di produzioni ultra-violente ma, se mai un limite in effetti esistesse, Tokyo gore police si troverebbe a pochi passi da esso. Tratto, o meglio, estensione del corto Anatomia extiction (1995) dello stesso Nishimura, Tokyo gore police rappresenta il culmine di un certo modo di fare cinema che entusiasma gli aficionados dell’estremo e repelle tutti gli altri. D'altronde, il pedigree del regista-effettista (the Machine girl; Meatball machine, 2005) non lascia dubbi sulla natura del suo lavoro. Nishimura mostra un insano livello di creatività in cui il corpo umano diventa mezzo e fine d'invenzioni anatomiche incredibili e ogni sua parte si può trasformare in una terribile arma, chiara evoluzione della poetica uomo-macchina emersa con Tetsuo (1988). Tokyo gore police, però, si tiene alla larga dalle intellettualità del film dell'88 e mira a un accumulo visivo tale da lasciare stupefatti: il film è letteralmente un bagno di sangue e un'orgia di violenza portata a livelli tali, e realizzata in modo tale, che la violenza stessa delle immagini annichilisce in una dimensione cartoonesca nella quale si rintraccia l’influenza dei manga. I diversi momenti ironici del film non vanno a stemperare l'orrore ma ne sono esattamente parte, come è per le scene di mutilazione, distruzione, modificazione del corpo. Tali momenti sono veicolati da pseudo-spot pubblicitari che, come accadeva in Robocop (1987) e in Starship troopers (1997), irridono la cultura popolare. Siccome, però, siamo in un film nipponico ultraviolento, ciò che viene presa di mira non è la delinquenza o l'esercito: una pubblicità reclamizza rasoi fashion per ragazze che si vogliono tagliare le vene con stile, un altro cerca di convincere che fare harakiri non è più di moda, un terzo spot pubblicizza come esemplari i metodi brutali della polizia. Tuttavia, per un film che spinge nettamente più in là il limite dello splatter di quanto si fosse visto in Ichi the killer (2001), non è la critica sociale a colpire, né la storia in sé che s'incentra sulla vendetta di Ruka (la bella e brava attrice di Audition, 1999), bensì è lo splatter a farla da padrone, così come le invenzioni grafiche che lo accompagnano. In un film che, a parte le influenze interne, rimescola suggestioni provenienti da Verhoeven, Raimi, Cronenberg e Jackson, si avrà, ad esempio, la possibilità di entrare in un locale in cui prostitute deformi vengono battute all'asta davanti a un pubblico fetish-cyberpunk fino alla presentazione del pezzo forte della serata: una delle ragazze all'asta è una sedia di carne umana con una flebo attaccata e le gambe spalancate; al posto della vulva si vede un fiore dal lungo pistillo. La sedia-ragazza inizierà a urinare a getto sul pubblico totalmente in estasi mentre un cliente si aggiudicherà un'altra donna, una sorta di ragazza-chiocciola che, successivamente, muterà le proprie gambe nelle fauci di un coccodrillo. Un esempio pescato dal mazzo di una pellicola che presenta mutazioni degli organi genitali come armi, montagne di arti amputati da inventariare, schiave mutilate che camminano a quattro zampe utilizzando come estremità delle lame di katana, moncherini che gettano sangue a una tale pressione da far volare gli amputati e, per finire, un'esplosione cranica che rivaleggia con quella mostrata da Cronenberg in Scanners (1981). Nonostante lo stile realizzativo stemperi parecchio il potenziale violento del film e defletta il sadismo verso un approccio ironico, Tokyo gore police rimane una pellicola vedibile solo da coloro che hanno uno stomaco di ferro e, soprattutto, da quelli che hanno dimestichezza con il cinema non convenzionale. Va, tuttavia, sottolineato come il film di Nishimura inserisca l'ultragore all'interno di una storia e sappia dare al rutilante succedersi degli eventi un'impronta creativa che lo rende superiore a molti altri film che hanno fatto del mero splatter l'unico motivo d’essere. Consigliato, ma non per la rassegna cinematografica da organizzare al cinema comunale... Magari!

TRIVIA

Yoshihiro Nishimura (1967) dixit: “Fare un film in Giappone è piuttosto impegnativo. Ho fatto film in Giappone e posso dire che sia il tempo che il budget sono molto limitati. La situazione ora sta migliorando ma in passato era difficile trovare tutti gli ingredienti per il trucco degli effetti speciali. […] Non ci sono i sindacati in questo settore in Giappone. La gente lavora per molte ore. Facciamo un sacco di straordinari per completare un film. Per me sta diventando normale lavorare come un matto ma penso che in Giappone sia una sfida” (asianmo-viepulse.com).

⟡ Nessun dato, per ora.

Titolo originale

Tôkyô Zankoku Keisatsu

Regista:

Yoshihiro Nishimura

Durata, fotografia

110', colore

Paese:

Giappone, USA

Anno

2008

Scritto da Exxagon nell'anno 2012 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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