l'Uomo che ride
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Dopo la ribellione di Lord Clancharlie a re James, Gwynplaine (Conrad Veidt), figlio del primo, viene venduto agli zingari che lo sfigurano dando alla sua bocca un ghigno perpetuo. Gwynplaine, abbandonato nel mezzo di una tempesta invernale, si trova a vagare nella neve finché non recupera una neonata cieca fra le braccia della madre congelata. I due trovano rifugio in un circo ambulante nel quale Gwynplaine lavorerà come fenomeno da baraccone. Tuttavia, la regina Anna verrà a sapere che un erede di Lord Clancharlie è vivo, cosa che mette in pericolo la ricchezza della duchessa Josiana (Olga Baclanova).
LA RECE
Melodramma espressionista della Universal che narra la storia di Gwynplaine, uomo dal ghigno permanente che ispirò il Joker, interpretato magistralmente da Conrad Veidt. Il film fonde cinema tedesco ed hollywoodiano, esplorando temi sulla diversità attraverso un personaggio costretto con addosso un sorriso grottesco.
Uno di quei film muti per i quali vale la pena sfidare i ritmi di un cinema antico ormai scarsamente fruito. Comprensibile che quasi due ore di pellicola dei primi del ‘900 non siano lo spettacolo più agognato; tuttavia, perdersi l'Uomo che ride significa mancare l’appuntamento con un triste e sfortunato uomo dal ghigno stampato sul volto che, tanto per dire, è stato d'ispirazione a Bob Kane e Jerry Robinson per la creazione di Joker. Dopo il successo de il Gobbo di Notre Dame (1923) e il Fantasma dell'Opera (1925), la Universal aveva bisogno di un nuovo personaggio orrorifico; tuttavia, la sua stella di punta, Lon Chaney, era stata acquisita dalla MGM. Il produttore Carl Laemmle aveva pianificato di produrre un altro fastoso melodramma tratto da un racconto di Victor Hugo ma nessuno degli attori sotto contratto con la Universal sembrava adatto al ruolo di protagonista in l'Uomo che ride. Laemmle, quindi, contattò gli artisti del movimento espressionista tedesco e ne convinse diversi a recarsi a Hollywood. Il regista Paul Leni, appena giunto in USA, aveva dimostrato potenzialità d’incasso con il suo primo film americano il Castello degli spettri (1927), senza contare l'ottimo successo de il Gabinetto delle figure di cera (1924) in cui compariva Conrad Veidt nei panni di Ivan il Terribile, attore, peraltro, già apparso ne il Gabinetto del dottor Caligari (1920). Nel film del ‘27, sempre della Universal, a Leni erano stati affiancati il direttore della fotografia Gilbert Warrenton, lo scenografo Charles D. Hall e l'effettista Jack P. Pierce, quest'ultimo il creatore dell'aspetto del mostro in Frankenstein (1931). Lo stesso team finì a lavorare per l'Uomo che ride che nacque, quindi, come prodotto ibrido hollywoodiano espressionista, una miscela che si rivelò assolutamente azzeccata. Più melodramma che horror, questo è un film in cui i sentimenti veicolati dall'attore Veidt mettono a disagio per il contrasto fra l’espressione del suo viso e le situazioni per nulla divertenti che vive. Veidt è così bravo che a tratti non si capisce se stia reagendo in maniera beffarda a ciò che gli succede oppure ne soffra, sempre obbligato com'è a portare sul volto un sorriso dannato. Tocca prestare moltissima attenzione agli occhi dell'attore, occhi con i quali l'uomo, senza voce e con un sorriso confondente, deve trasmettere le proprie emozioni. La prova attoriale di Veidt è eccelsa ma la pellicola non si ferma all'interpretazione del protagonista. L'Uomo che ride è, di base, un film espressionista con tutto il fascino e le trovate tecniche tipiche di quella corrente artistica: si tratta, quindi, di una pellicola cupa con scenografie a tratti inusuali che pescano dal sogno; infatti, nonostante il film sia ben inserito in un tempo e in un luogo, a tratti si perde in un’inquietante dimensione onirica, seppure mantenga sempre un certo controllo sugli eventi che dovevano essere ben comprensibili al pubblico mainstream al quale si rivolgeva la Universal. La tetra atmosfera della pellicola è potenziata da una fotografia che spesso lascia al buio buona parte della scenografia nella quale si può nascondere questa o quella minaccia. La melodrammaticità del racconto non degenera mai verso il lacrimoso; piuttosto, si rivela struggente e, in altre situazioni, energica. Inoltre, per il fatto che Gwynplaine è un fenomeno da baraccone che si dispera e inorridisce davanti alla morbosa curiosità della gente rispetto alla sua deformità fisica, il film pone le basi di una riflessione sul diverso e su come venga percepito dalla gente, anni prima di the Elephant man (1980). Film non per tutti ma di ottimo valore, e non solo storico, da vedere in double-bill con lo Sconosciuto (1927) di Tod Browning, per capire cosa stava combinando nel frattempo la MGM con Lon Chaney.
TRIVIA
Paul Josef Leni (1885-1929) dixit: “Se lo scenografo si limitasse a imitare le fotografie per costruire i suoi set, il film rimarrebbe senza volto e impersonale. Ci deve essere la possibilità di far emergere un oggetto con attributi essenziali per dare all'immagine stile e colore. Questo è particolarmente necessario per i film ambientati interamente in un mondo di irrealtà. […] Uno scenografo non deve costruire scenografie belle. Deve penetrare la superficie delle cose e raggiungere il loro cuore. Deve creare l'umore […] È questo che fa di lui un artista. Altrimenti non vedo perché non dovrebbe essere sostituito da un apprendista falegname esperto” (classichorror.free-online.co.uk).
⟡ Il film fu girato fra l'ottobre 1927 e il gennaio 1928 alla Universal City (California) e costò 1.000.000 di dollari equivalenti a 15 milioni del 2020.
⟡ Dallo stesso romanzo di Hugo furono tratti quattro film: l'Uomo che ride, film del 1909 del quale non si hanno più coppie; Das grinsende Gesicht, film tedesco del 1921 diretto da Julius Herzka; questo di Leni e l'Uomo che ride (1966) film italiano diretto da Sergio Corbucci.
⟡ Nella versione europea del film è possibile vedere la schiena nuda di una donna, cosa che, solo successivamente, fu oscurata nella versione americana poiché il codice etico cinematografico statunitense entrò in vigore solo nei primi anni '30.
⟡ Il grottesco sorriso di Gwynplaine fu ottenuto con l'uso di una dentiera che aveva degli unici metallici che tenevano tirati gli angoli della bocca. L'unica scena in cui Veidt non indossò la protesi fu quella in cui viene sedotto dalla duchessa Josiana.
⟡ Il film nacque in un periodo di transizione tecnica dal muto al sonoro; quindi, a parte la musica di sottofondo, nel film è possibile udire suoni come spari e poco altro.
Titolo originale
The Man Who Laughs
Regista:
Paul Leni
Durata, fotografia
110', b/n, muto
Paese:
USA
1928
Scritto da Exxagon nell'anno 2014 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
