Calvaire
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Voto:
Il cantante girovago Mare Stevens (Laurent Lucas) si perde con il furgoncino e trova rifugio alla locanda di Paul Bartel (Jackie Berroyer). Paul promette a Mare di aggiustargli il furgone ma, in realtà, gli distrugge il mezzo di trasporto e sequestra lo stesso Mare, convinto che l'uomo sia, sotto mentite spoglie, la moglie Gloria scappata di casa anni prima.
LA RECE
Una fiaba nera successa chissà quando e chissà dove. La tecnica registica, il plot volutamente bucato e l'ambientazione strutturano un film che ha i contorni di un vero e proprio incubo. Horror di livello ma non adatto al mainstream.
Difficile fare qualcosa di davvero originale se si prova a mettere insieme bifolchi pazzi, ambienti rurali e un protagonista perso in questo delirio. Insomma, difficile, con questi elementi, girare un film che non ricordi Non aprite quella porta (1974) o un Tranquillo week-end di paura (1972), sottogenere, il backwood brutality, recuperato da pellicole quali la Casa dei 1000 corpi (2003), Wrong turn (2003), Wolf Creek (2004) e tutta una serie di remake. Calvaire di Fabrice Du Welz, regista belga al suo primo lungometraggio, è figlio di questo genere cinematografico ma, nonostante tutti i precedenti, sa dire qualcosa di originale. Du Welz, anche al soggetto, dà vita a personaggi secondari sopra le righe: la vecchia (Gigi Coursigni) che ci prova col cantante, l'infermiera interpretata dall'attrice porno Brigitte Lahaie che consegna autoscatti erotici a Mare, Boris il matto (Jean-Luc Couchard) che cerca disperatamente nel bosco la sua cagnetta perduta. Menzione d'onore, poi, a Jackie Berroyer che, con un aspetto assolutamente non minaccioso, introduce Calvaire in una dimensione simile a quella di Misery non deve morire (1990). Mare Stevens piomberà in un baratro d'orrore nel momento in cui si avventurerà nella campagna belga a fare un giretto. Lo spettacolo sarà innaturale: un gruppo di contadini ritardati fanno sesso con alcuni animali, uno di questi si fa fare una fellatio da un vitellino. Brutto affare. Mare tornerà inorridito da Bartel solo per finire tramortito, rasato malamente e vestito da donna. Da questo momento in avanti, Mare non è più Mare, bensì, agli occhi di Bartel e degli altri zotici, è Gloria, la fantomatica ex-coniuge di Bartel ma, forse, anche amante di Orton (Philippe Nahon) il capo dei contadini inferociti che attaccheranno la casa di Bartel per riavere Gloria. Mare dovrà subire umiliazioni, stupri e una crocifissione ma il film di Du Welz non si perde nella brutalità e non gioca la carta dell'exploitation dal momento che vengono evitate riprese particolareggiate o primi piani morbosi. Il regista preferisce giocare con la cinepresa e con le luci: il rosso domina e le riprese sono vorticose - come nel momento della cena che cita Non aprite quella porta - in modo da aumentare disorientamento e alienazione. Ad accrescere questi ultimi due fattori concorrono il paesaggio nevoso, freddo e deserto, nonché l'assenza di spiegazioni logiche che giustifichino l'esistenza di un gruppo di degenerati nel bel mezzo del Belgio, e perché questi siano convinti che Mare sia Gloria. Totalmente avulso da qualsiasi contesto contemporaneo, il film assume la dimensione di una fiaba nera successa chissà quando e chissà dove. La tecnica registica, il plot volutamente bucato e l'ambientazione strutturano un film che ha i contorni di un vero e proprio incubo. Du Welz ha fatto propria la lezione americana e ha saputo riportare il tutto a un discorso puramente orrorifico, mentre tanti cloni statunitensi si sono persi sul piano splatter di più facile richiamo. Calvaire è un horror thriller pacato, se così si può dire, e drammatico non adatto a tutti, genuinamente più violento e disturbante di un torture-porn come Hostel (2005). Forse non un must ma consigliato. Dello stesso regista non perdetevi Alléluia (2014).
TRIVIA
Du Welz dixit: "Ho fatto molti film e, in un certo senso, è sempre lo stesso soggetto. Cerco di fare film per aiutare a conoscere me stesso, i miei rapporti con le donne e con il mondo. Ma è curioso, perché a volte si parla con un giornalista che ti pone una domanda molto circoscritta e matematica sulla realizzazione di un film quando, dal mio punto di vista, è tutto molto più intuitivo" (screenanarchy.com)
⟡ Nei credits, alla sezione dei ringraziamenti, si legge (tradotto): "Baio, jean Hermann, Denis Closset, morti al montaggio". Sempre nei credits "electricité" (elettricità) risulta scritto "elecrticité".
⟡ Il nome del personaggio interpretato da Berroyer è forse un omaggio all'attore e regista americano Paul Bartel che, oltre Bambole e sangue (1972), Cannonball (1976) e Scene di lotta di classe a Beverly Hills (1989), ha girato anche la black comedy Eating Raoul (1982) in cui una coppia adesca persone nel proprio appartamento e le uccide.
Titolo originale
Id.
Regista:
Fabrice Du Welz
Durata, fotografia
94', colore
Paese:
Francia, Belgio, Lussemburgo
2004
Scritto da Exxagon nell'anno 2005; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
