la Vendetta di Frankenstein

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Frankenstein (Peter Cushing) sfugge alla forca con l'aiuto del boia deforme Karl (Michael Gwynn) promettendogli un nuovo corpo. Cambiato nome in Stein, il mad doctor si trasferisce a Karlsburg dove si divide fra volontariato in un ospedale per reietti, posto ideale per recuperare parti anatomiche, e lo studio privato che gli fa ottenere la stima dell'alta borghesia. Il giovane medico Hans Kleve (Francis Matthews) lo riconosce, e Frankenstein è obbligato a nominarlo assistente; insieme, trapianteranno il cervello di Karl in un nuovo corpo, anche se, in breve tempo, Karl tornerà ad avere le stesse deformità, se non peggio.

LA RECE

La Hammer consolida il successo di Frankenstein con questo sequel di qualità; Sangster reinventa brillantemente il mito facendo coincidere creatore e mostro, con un mad doctor opportunista che manipola classi sociali diverse per i suoi esperimenti. Tecnicamente eccellente con dialoghi, fotografia e scenografie curate, rappresenta un horror coraggioso che trascende il genere.

La Hammer ottenne un enorme successo con il precedente la Maschera di Frankenstein (1957) che aveva non solo riacceso l'interesse del pubblico per il genere ma anche resuscitato il mito del Barone ringiovanendone il concetto tramite l'uso del colore che esaltava una sgargiante scenografia; non ultimo, il coraggioso espediente del sangue e di scene visivamente forti che avevano attirato gli strali della censura ma anche frotte di spettatori. Dietro questa nuova prospettiva vi erano il regista Terence Fisher, lo sceneggiatore Jimmy Sangster e gli attori Peter Cushing e Christopher Lee, i quali, ancora insieme in Dracula il vampiro (1958), sbancheranno i botteghini e consolideranno il successo della Hammer. La Vendetta di Frankenstein, girato subito dopo la pellicola del ‘58, fu il primo di sei sequel e, soprattutto, rappresenta un raro caso di seguito qualitativamente pari al primo episodio, per alcuni elementi anche superiore. Fra gli anni '30 e '40, la Universal diede vita a diversi seguiti derivati da Frankenstein (1931) ma questi film scorrevano tutti su un binario predeterminato in cui un discendente del Barone dava vita a un mostro che, dopo aver portato scompiglio, finiva distrutto. La Hammer, invece, dimostrò una creatività superiore. Fra le molte varianti che hanno reinterpretato il mito del barone tedesco, questa è una delle più originali, in quanto, nel finale, giocando con la comune confusione fra il mostro e il suo creatore, lo sceneggiatore Sangster riuscì a far corrispondere l'uno all'altro, particolare sul quale non è il caso di aggiungere altro per non rovinare la sorpresa. La sostanziale differenza fra i film della Universal e quelli della Hammer è che, a parità di soggetto, gli statunitensi hanno sempre incentrato la narrazione sul mostro e sul suo aspetto, mentre la Hammer ha focalizzato l'interesse sul dottore folle, facendo della creatura un personaggio secondario, passibile di avere differente aspetto e di essere interpretata da differenti attori. Ciò che è sotteso a questi diversi approcci è che, per la Universal, il Mostro incarnava l'orrore di una scienza che travalica i limiti etici e divini, mentre il Frankenstein inglese genera orrore in quanto antitetico alla placida borghesia. Il Frankenstein della Hammer, quindi, può forse essere considerato un rivoluzionario, un antieroe che, con atti estremi, cerca di destabilizzare la stagnazione e l'ipocrisia della classe dominate. Il barone interpretato magistralmente da Cushing non è, tuttavia, un vendicatore delle ingiustizie sociali; piuttosto, si tratta di un ipocrita opportunista che si situa a metà fra due classi sociali, borghese e operaia, manipolandole. I ricchi, che il barone guarda con malcelata superiorità, gli garantiscono fama e soldi. I reietti, che lo scienziato cura pro bono simulando un approccio filantropico, rappresentano un magazzino di organi. Tuttavia non è l'amore che interessa a Frankenstein, né i soldi né la fama ma solo ottenere risultati con i propri esperimenti; per realizzarli, tutto può essere messo in discussione. A livello tecnico, si distinguono i dialoghi, la fotografia e le curatissime scenografie; Fisher, oltretutto, s'impegna in un lavoro di montaggio particolarmente dinamico. Il film, decisamente coraggioso per i tempi rispetto agli effetti speciali, dispensa arti mozzati e due divertenti bulbi oculari immersi in acqua che seguono gli stimoli visivi, anche se non si capisce come possano, visto che mancano i muscoli oculomotori! Unico neo, il film è privo della presenza di un valido elemento femminile. La Vendetta di Frankenstein rimane un film per appassionati di horror, anche se la qualità con cui è stato realizzato trascende il genere d'appartenenza. Da vedere ma non è un must.

TRIVIA

⟡ Gli altri film della Hammer relativi a Frankenstein sono: la Maschera di Frankenstein (1975), la Rivolta di Frankenstein (1964), la Maledizione di Frankenstein (1966), Distruggete Frankenstein! (1969), gli Orrori di Frankenstein (1970) e Frankenstein e il mostro dell'inferno (1973). Peter Cushing veste il ruolo del barone in tutti i film, a parte quello del ‘70 che ha toni comici. La Hammer produsse anche the Tales of Frankenstein (1958) un prodotto televisivo di cui si sono perse le tracce.

⟡ Un giornalista del Daily Telegraph, che nel 1958 aveva assistito al film, suggerì, nella sua recensione, che la BBFC (la censura inglese) creasse per la Vendetta di Frankenstein un apposito rating, ovvero For Sadist Only, solo per sadici.

Titolo originale

The Revenge Of Frankenstein

Regista:

Terence Fisher

Durata, fotografia

89', colore

Paese:

UK

Anno

1958

Scritto da Exxagon nell'anno 2010 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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