Amityville horror

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Voto:

Gli sposini George (James Brolin) e Kathy Lutz (Margot Kidder) trovano una bella casa in cui abitare: è una villa in riva al fiume, il posto ideale per loro e per i tre bambini di lei. La coppia non dà peso al fatto che, tempo prima, in quella casa, un ragazzo si fosse svegliato alle 3:15 di mattina e avesse sterminato la propria famiglia. I Luz cambieranno idea al primo manifestarsi di strani fenomeni. A padre Delaney (Rod Steiger), il prete che ha capito tutto, non dà ascolto nessuno. La famiglia dovrà vedersela da sola con entità che cercano di farla sloggiare nel modo più traumatico possibile.

LA RECE

Pellicola non mal realizzata, e con spunti poi diventati iconici, che, però, sembra non decollare mai, lunga e scarsamete dinamica.

Notissimo horror nato in una fase del cinema di ampio interesse per storie incentrate sull’operato del Maligno, soprattutto se millantate come vere e, in questo caso, assolutamente falsa: fu un affarone inaspettato basato su una bufala ordita da un avvocato e la famiglia Lutz. Amitiville horror, messo in opera con un budget ridotto e inizialmente pensato come prodotto tivù per la CBS, si rivelò un blockbuster, e James Brolin, che aveva accettato un ingaggio modesto con la promessa del 10% sugli incassi lordi, si trovò poi tra le mani 17 milioni di dollari del 1979, l’equivalente di 62 milioni del 2020. Amityville horror riecheggia l'Esorcista (1973) con un Rod Steiger sotto tono che si vuole opporre al Satanasso, il tema della casa infestata prima che divenisse una banalità, e tutta la storia "vera" basata sul romanzo di Jay Anson. Il film soffre per una lunghezza eccessiva riempita di momenti di scarso dinamismo, al punto che la conclusione della storia è vissuta come una liberazione. È un peccato, perché la pellicola non è mal realizzata: certamente non è male la musica, non è male vedere il protagonista che sfonda porte con la scure prima che Kubrick ricevesse plausi per il suo Jack Torrence in Shining (1980), non è male il montaggio incrociato fra la coppia Lutz che visita la casa e le scene dell'uccisione della famiglia che precedentemente l’aveva abitata. La cosa più suggestiva, e ancor oggi iconica, è l'immagine della casa con le finestre accese come fossero occhi. Tuttavia, mentre in genere i film horror partono lenti per esplodere nel secondo tempo e gli si perdona una certa inerzia iniziale, Amityville horror sembra non decollare mai; presenta le immagini più forti all'inizio e poi temporeggia fra urla, contrasti e riappacificazioni. Alla fine dovrebbe spalancarsi la porta dell'inferno ma non ne esce nulla. Il film non riesce ad atterrire e, se ne è capace, ciò avviene tramite i soliti gatti che balzano nell'inquadratura. Voleva essere una metafora della coppia in crisi? Così non va. Volete vedere un migliore esempio dello stesso genere e dello stesso periodo? Recuperate Ballata macabra (1976). Il film gode di una lunga lista di sequel fra i quali si dedica una recensione completa solo ad Amityville possession (1982). C’è anche il remake più vicino al libro di Jay Anson (Amityville horror, 2005), il reboot che racconta l’originaria storia della famiglia DeFeo (the Amityville murders, 2018) e un altro horror a basso budget che si fregia del titolo ma non c’entra nulla con la saga (the Amityville terror, 2016). 

Per il secondo sequel Amityville III (Amityville 3D, 1983) viene messo alla regia Richard Fleischer, classe 1916, più stimato per pellicole quali lo Strangolatore di Boston (1968) e l’Assassino di Rillington Place n.10 (1970). Il veterano ci mette del mestiere e anche gli attori fanno un buon lavoro: fra questi, Tony Roberts, famoso come spalla di Woody Allen, nonché una giovanissima Meg Ryan nella parte di un'amica scapestrata. Il film inizia in sordina e finisce con i fuochi d'artificio non troppo diversamente da Poltergeist uscito nelle sale l'anno precedente. La pellicola ha i suoi momenti, come la scoperta del volto del demone sull'ingrandimento di una foto e il ritorno a casa del fantasma di Susan, ma il tasso di sangue è, a dir poco, basso. Lo scienziato che si mette sul bordo del pozzo per sfidare le forze del Male e l'autodistruzione davvero immotivata della casa, altra cosa presa da Poltergeist, chiudono la pellicola in maniera poco esaltante. Tecnica e attori ma poco altro. Uscito nella fase di hype per il 3D con gli occhialini di carta e il gioco di tapparsi alternativamente gli occhi per vedere tutto rosso o tutto blu/verde, grande spasso col quale non potrete intrattenervi tramite la versione domestica. Peccato.

Nel terzo sequel, Amityville horror - la Fuga del diavolo (Amityville: The Evil Escapes, 1989) di Morgan J. Freeman, la casa che alla fine dell’Amityville dell’83 era stata distrutta, ricompare magicamente integra con tanto di oggetti d'arredo funzionanti ma forieri di malvagità. Qui, il Male è veicolato da un'orribile lampada, nel capitolo sesto e settimo saranno, rispettivamente, un orologio e uno specchio. Meh. Di vagamente interessante c'è sempre la tematica base che vuole il Male impossessarsi di coloro che portano il Male con sé, ed in effetti l'arrivo della famiglia Evans in casa di nonna Alice crea non poche tensioni già prima che la lampada inizi a far impazzire gli elettrodomestici in stile Brivido (1986). Di grande squallore la scena finale che vede la famiglia, supportata dal prete, prendersela con la lampada maligna che ormai sembra essersi appropriata dell'anima della bambina; da mani nei capelli il fermo immagine finale sugli occhi rossi del gatto. Vivamente sconsigliato.

In Amityville - il ritorno (The Amityville Curse, 1989) di Tom Berry si rinuncia a una componente paranormale e si cerca di introdurre il mystery, con tanto di assassino reale e storia drammatica alle spalle. Lo zampino del Maligno c'è sempre ma appare poco chiara la dinamica fra il dramma e la maledizione. Il modo di stimolare paura è spaventosamente banale: gatti, topi, ragni, tubature guaste, qualche incubo, qualche fantasma e tanto fumo, oltre a un confessionale che scricchiola e traballa. Gli attori sono scarsi, i dialoghi vorrebbero essere pungenti ma sono di una fiacchezza inarrivabile. La regia è coerente col tutto. Il sangue è al minimo mentre il sesso, ovvero il seno di Cassandra Gava nei panni di Abigail, è visibile solo se si gioca di riflessi col frame-by-frame; io non faccio certe cose, me l’ha detto un amico. Prodotto per la tv che lascia un senso di noia cosmica; l'unico motivo di interesse è dato dal fatto che, dopo il 1987, il cinema canadese si disinteressò all'horror per quasi un decennio e, quindi, Amityville - il ritorno rimane un fiero tentativo di tenere vivo il genere. Il film è del 1989, come segnalato nei credits, e non del 1990 o altro come scritto in rete.

Amityville 1992 (Amityville 1992: It's About Time, 1992), di Tony Randel, fa di un orologio il vettore del Male. Ad esso si lega la storiaccia vera di Gilles De Rais e il tutto si fa molto più turpe e confuso: dal momento che la casa d’origine era andata in pezzi, gli oggetti recuperati dallo sfacelo alloggiano in essi la maledizione primigenia. Logico. Amityville 1992 è povero e baraccone, con il microfono appeso alla giraffa che, in più di una scena, pende sulla testa degli attori. Da prendere sul serio c'è poco. C'è l'attrice protagonista Shawn Weatherly, bella al punto da vincere a catena nel 1980 il titolo di Miss South Carolina, Miss USA e Miss Universo; impresa non alla portata di tutte. Poi c'è un interessante tema musicale e qualche trovata agli effetti speciali. Abbiamo pure una scena di autoerotismo-lesbo: vedere per credere.

Con Amityville - a new generation (1993) di John Murlowski si torna a monte della faccenda e si riprende a parlare dei fatti successi nella casa maledetta di Amityville anche se l'unica cosa che è rimasta intatta è uno specchio malefico che porterà scompiglio. Pare un po' pochino. Il film si arricchisce del dramma personale del protagonista che rammenta cose che ha rimosso riguardo al padre; e via con scene nei corridoi del manicomio. Il risultato non è né gore né pauroso ma il tutto ha un approccio più moderno del solito, inscritto comunque nell'atmosfera poveristica delle produzioni direct-to-video. Curiosa la creazione artistica sviluppata da Pauli (Richard Roundtree) che consiste in una poltrona posta di fronte a un televisore: quest’ultimo trasmette il volto dello spettatore ripreso da una telecamera montata sulla tv alla quale è anche connesso un fucile puntato sul soggetto seduto sulla poltrona; il fucile, regolato da un timer, sparerà in faccia allo spettatore solo nel 2001. Un prototipo di tv al plasma, insomma; il plasma dello spettatore. Momento clou del film, la scena di tensione nell'appartamento della vicina Suki la quale, ispirata dal Maligno, ha riempito la casa di dipinti di demoni. Notevole pure la fidanzata del protagonista (Lala Sloatman), il seno di lei e il pazzesco loft in cui vivono i due, tenuto conto che lui per lavoro fotografa gente in strada; il vero giallo è come si mantengano.

Amityville: Dollhouse (1996) di Steve White è la peggiore istallazione della saga. Dopo un inizio caratterizzato da uno score musicale decente, si viene proiettati nella fiera delle banalità e degli attori da sit-com. Anche il doppiaggio italiano fa, per una volta, brutta figura. Nell'evoluzione della storia ci viene data la possibilità di vedere il padre morto di uno dei giovani protagonisti che gli dà consigli mentre le sue carni imputridiscono sempre più come in un Lupo mannaro americano a Londra (1981), così come la padrona di casa che s'infoia per il figliastro dando il via a qualche situazione piccante mai portata a termine. Il problema è che il film si compone di una marea di sub-plot che vengono dimenticati aperti in qualche stanza in cui non entrerà più nessuno. Effetti speciali onesti rispetto al tono complessivo ma i laser finali prodotti dalla polverina magica stanno al di là del bene e del male. Per chi non ne ha mai basta, segue Amityville haunting (2011) e Amityville: Il risveglio (2017) ma prima arriva il remake Amityville horror (2005).

TRIVIA

⟡ Già nel 1979 si era venuto a sapere che la storia era fasulla. William Weber, l’avvocato difensore di Ronald DeFeo, portò in causa George e Kathy Lutz per frode e violazione di un contratto stipulato con la famiglia Lutz che prevedeva una collaborazione nella stesura del libro e un’equa divisione dei compensi derivati dalla riduzione cinematografica. In un’intervista rilasciata all’Associated Press, Weber ammise che lui stesso e i Lutz si erano inventati di sana pianta la storia horror in una serata innaffiata da diverse bottiglie di vino.

⟡ Nessuna scena fu girata nella vera casa di Amityville (New York) e non perché la produzione e gli attori fossero troppo spaventati dal farlo, come si vociferò, ma in quanto il comune di Amityville negò all’AIP il permesso di girare sul territorio comunale così da prendere le distanze dalla sinistra storia connessa. La AIP, quindi, trovò a Toms River (New Jersey) due case in stile coloniale tedesco adatte alle riprese esterne e ad una aggiunse un terzo piano di facciata con le famose finestrone simili a quelle dell’originale casa nel comune di Amityville. La maggior parte delle riprese in interni furono comunque realizzate agli studios MGM di Culver City (California). Inoltre, furono i pompieri di Tom River a realizzare la pioggia nelle scene in cui vi era necessità di essa.

⟡ Quando George va in biblioteca si vede un quadretto. Su questo è apparentemente raffigurata una mosca: in realtà si tratta di una nota rappresentazione di Belzebù (baal-zebub), ovvero il Signore delle Mosche. 

⟡ Data la fama del libro e del film, i proprietari della villa famosa per i suoi demoniaci finestroni hanno provveduto da tempo a rimodellarli in modo che avessero una comune forma rettangolare. 

⟡ Intorno al ventesimo minuto, mentre Margot sta lavando i piatti, la si può sentire canticchiare il tema musicale d’amore del film Superman (1978); la Kidder fu ingaggiata proprio per la sua partecipazione al film del ’78. 

⟡ A Rod Steiger fu spalmato del miele in testa per far si che le mosche gli volassero addosso. 

⟡ Nella speranza di attirare maggior attenzione verso il film, la produzione si inventò una serie di strani eventi occorsi durante la lavorazione. 

⟡ Il direttore della fotografia Fred J. Koenekamp ebbe non poche difficoltà a studiare le inquadrature per la sequenza che vedeva protagoniste le mosche, in quanto l’uomo era terrorizzato dai ditteri e dagli insetti in generale. Il timore per gli animaletti era tale che non solo realizzò le scene ad occhi chiusi sperando in un “buona la prima” ma perse circa una decina di chili perché la sola vista dei ditteri gli toglieva l’appetito. 

⟡ A causa del ruolo malvagio interpretato in questo film, James Brolin fu snobbato per due anni dal mondo del cinema. 

⟡ Circola una voce errata secondo la quale lo score musicale di questo film, composto da Lalo Schifrin, sia un lavoro musicale di recupero scartato precedentemente per la produzione de l’Esorcista. Per quest’ultimo film del 1973 fu, in effetti, realizzato uno score poi rifiutato ma approdato su CD, ed è completamente differente dal lavoro di Schifrin. 

⟡ L'attore Aron Eisenberg, in Amityville horror - la Fuga del diavolo nei panni di Brian, da giovane subì un trapianto di reni e questo gli procurò un blocco della crescita a 152 cm. Ecco perché il suo aspetto pare un po' sproporzionato.

Titolo originale

The Amityville Horror

Regista:

Stuart Rosenberg

Durata, fotografia

117', colore

Paese:

USA

Anno

1979

Scritto da Exxagon nell'anno 2013; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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