Assassinio al cimitero etrusco
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A New York, Joan (Elvire Audray) viene informata che suo marito, l'archeologo Arthur Barnard (John Saxon), è sta-to ucciso in Italia mentre ravanava tra le tombe etrusche. La donna si reca, quindi, nel Bel Paese in compagnia di un collega e inizia ad avere visioni di etruschi e di morte. Proseguendo nella ricerca della verità, Joan scopre che il padre traffica in droga; così, al mistero degli antichi si viene ad affiancare quello più venale del narcotraffico. Intanto, gli omicidi si susseguono.
LA RECE
Spaghetti giallo di una sottocategoria specifica, l'etruscologico, qui, però, tardivo e affastellante temi e stili. Doveva essere uno sceneggiato tv e finisce per essere un lungometraggio horror. Casino.
Sergio Martino ha reso meglio e ha fatto più soldi con la commedia pecoreccia rispetto a quanto fece con il cinema della paura. Se cito titoli quali l'Allenatore nel pallone (1984), Cornetti alla crema (1981), Occhio malocchio prezzemolo e finocchio (1984), la Moglie in vacanza... l'Amante in città (1980) so di non predicare nel deserto. Qualcosa di valido in ambito giallo-horror, comunque, il regista in questione l'ha pro-dotto ma, piuttosto di questo tardo etruscologico, preferisco pensare a lo Strano vizio della signora Wardh (1971), Tutti i colori del buio (1972) o la Coda dello scorpione (1971). Il progetto nacque come prodotto tv per Publitalia: un serial di otto puntate, ispirato al libro “Turms l’etrusco” (1955) di Mika Waltari, che avrebbe esteso a ventaglio l’afflato etruscologico di cose fatte un tempo da Armando Crispino (l’Etrusco uccide ancora, 1972). Poi, Publitalia chiese l’accorpamento in un unico film e il risultato fu che elementi che avrebbero trovato collocazione in comode otto istallazioni, si trovarono affastellati in circa cento minuti: impianto argentiano, riflessi Fulciani, elementi paranormali e un intrigo poliziottesco. Come un tombarolo, Assassinio al cimitero etrusco saccheggia a destra e a manca in stile e tematiche ma il risultato globale non è elevato e gli attori non brillano per interpretazione. John Saxon (Apocalypse domani, 1980; Tenebre, 1982) ci mette il nome, guadagna il gettone ma, sullo schermo, non rimane per più di dieci minuti. Elvire Audray (Schiave bianche: violenza in Amazzonia, 1985; Nosferatu a Venezia, 1988) urla ed è tormentata da visioni ma non buca lo schermo. Gli altri dormono. Fra chi sonnecchia meglio, fa piacere rivedere la storica attrice del cinema di genere Wandisa Guida (i Vampiri, 1957) qui alla sua ultima apparizione sul grande schermo. Scult, invece, la fugace apparizione di Maurizio Mattioli. Gli effetti speciali, curati da Sergio Stivaletti (ma non solo), si limitano a qualche manciata di vermi fulciani, ad alcuni colli torti e poco più. Tutta la parte del soprannaturale, che non si capisce se sia il plot base o un sub-plot, annoia non poco e le scene in cui si fa più marcato l'elemento archeologico sono tediose. La scena conclusiva nel tempio segreto sa di peplum. Sequenza cult: una zingara legge la mano della Audray, lei è riluttante perché dubbiosa, ma cede. La zingara, che prima aveva letto la mano di Paolo Malco ed era stata pagata, ora legge quella della Audray. Brava. A lettura avvenuta, la si vuole pagare di nuovo ma la gitana rifiuta i soldi perché dice che ha già ricevuto più di quello che meritava. Il cinema del fantastico, per l’appunto.
TRIVIA
⟡ Nessun dato, per ora
Regista:
Christian Plummer [Sergio Martino]
Durata, fotografia
97', colore
Paese:
Italia
1982
Scritto da Exxagon nell'anno 2011; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0
