il Grattacielo della Morte

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Voto:

Film mica bello e che patisce anche una diffusa diceria secondo la quale il regista originale chiamato a dirigerlo fosse Ken Wiederhorn (l’Occhio nel triangolo, 1977), poi sostituito a metà lavoro da Freddie Francis, mentre pare che, sì, Wiederhorn fosse stato contattato per la regia ma si ritirò dopo il fallimento dei finanziamenti, dirigendo, invece, il Ritorno dei morti viventi 2 (1988); lui stesso sostenne di non aver mai messo piede sul set. Freddie Francis, d’altra parte, chiese che il suo nome fosse tolto dai credits perché insoddisfatto della qualità degli effetti speciali; l'esperienza di dirigere Dark tower fu così sgradevole da convincere il regista britannico ad abbandonare la regia cinematografica e tornare alla direzione della fotografia, settore nel quale, in effetti, egli diede il meglio (Suspense, 1961; the Elephant man, 1980). Ad ogni modo, questa operazione anglo-americana vola a Barcellona (per la precisione a Gran Via de Carles III, 94, 08028) per raccontare la storia dell’architetta Carolyn Page (Jenny Agutter) alle prese con accadimenti drammaticissimi connessi al grattacielo che sta costruendo, morti indagate dall’investigatore Dennis Randall (Michael Moriarty); al centro del mistero, una vendetta soprannaturale legata proprio a Carolyn. Insomma, la modernità, il grattacielo come organismo maligno; echi di Poltergeist III (1988) e De lift (1983) di Dick Maas, con i suoi ascensori omicidi e la sua critica alla tecnologia alienante. Premesse potenzialmente interessanti ma risultato impolverato, con un look da film tv ben più vecchio dei suoi anni. La regia di Francis, altrove efficiente, procede con anonimato televisivo: tutto è senza ritmo e anche la location iberica viene ridotta a sfondo generico. I validi Agutter (un Lupo mannaro americano a Londra, 1981) e Michael Moriarty, reduce dalle collaborazioni con Larry Cohen (Q - il Serpente alato, 1982; Stuff - il gelato che uccide, 1985), attraversano il film con professionalità artigianale ma nulla più. Mi fa personale piacere vedere Theodore Bikel (1924-2015) che ho apprezzato nei panni del geniale assassino Oliver Brandt in un episodio della serie Colombo (S6.E3 - Prova d’intelligenza). Il problema centrale de Il Grattacielo della morte è il suo rifiuto ostinato di generare suspense, nonostante e proprio perché fa uso di stratagemmi (esplorazione dei corridoi “come” in Shining, 1980) senza saperli maneggiare a dovere e la locandina del film finisce per essere significativamente più interessante del contenuto che pubblicizza. Forse, l’unico fattore che merita menzione è l’OST synth di Stacy Widelitz, che dirà poco ai più ma si tratta del compositore delle musiche di Dirty Dancing (1987): tastiere stridenti catturano l'estetica horror di quel periodo, conferendo almeno una patina di identità sonora a un'opera altrimenti priva di carattere. L'epilogo mostra un leggero incremento di energia: l'entità soprannaturale si manifesta con maggiore evidenza e la narrazione prova ad accelerare verso una qualche forma di climax ma non basta a salvare il carrozzone. Vedibile da chi voglia ricostruire per spirito cinefilo la carriera di Freddie Francis anche nei suoi anfratti, ma, per lo spettatore medio, anche quello appassionato di horror, Dark tower può rimanere nel dimenticatoio. Voto un filo severo ma mi sono annoiato alquanto.


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Fast rating

etichetta di valutazione veloce del sito exxagon per i film giudicati di pessimo livello

Titolo originale

Dark Tower

Regista:

Freddie Francis

Durata, fotografia

91', colore

Paese:

UK, Spagna, USA

Anno

1987

Scritto da Exxagon nel dicembre 2025 + TR; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0