Brivido giallo

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Voto:

Operazione televisiva di quelle commissionate da Reteitalia, come fu per il ciclo de le Case maledette (1989) e, nel caso in esame, approdate sui televisori domestici ma in seconda serata e d’estate, quindi insuccesso matematico; d’altronde, le aziende che investivano in pubblicità non gradivano associare il proprio nome all’horror, preferendo, invece, il lolitismo per tutta la famiglia di un Non è la Rai alle porte. Bava produsse insieme a Luciano Martino poggiandosi alle sceneggiature di Dardano Sacchetti con l’idea di farne anche una seconda serie, poi mai realizzata. Binari realizzativi: strizzatine d’occhio all’horror ma senza eccedere e dirittura fantasy predittiva di Fantaghirò, lavoro di successo per Bava fra il 1991 e il ’96.

LA RECE

Horror claudicante ormai azzoppato dalla televisione in fase inflattiva. La tv cerca di comprarsi il progetto ma poi lo sputa ancora prima di averlo digerito. Il recupero tardivo spetta ai fans.

La Casa dell’orco. Cheryl (Virginia Bryant), scrittrice di romanzi horror, si reca in un castello in compagnia del marito Tom (Paolo Malco) e del figlioletto Bobby (Patrizio Vinci). In quel luogo, la scrittrice ritrova i contorni di un suo ricorrente incubo nel quale viene aggredita da un orco. ∎ Quasi remake di Quella villa accanto al cimitero (1981), film di Fulci sul quale lavorarono sia Bava sia Sacchetti e che ora, con questo prodotto tv, avevano la possibilità di rileggere a proprio piacimento. Il lavoro registico di Bava si vede, soprattutto nei primi minuti, ma la patina da direct-to-video emerge in pieno con anche un affastellamento di soluzioni scenografiche e situazionali tipiche del gotico. L’ambiente, castello e relative cantine, viene sfruttato in modo superficiale e il continuo andirivieni dai piani alti al seminterrato toglie mistero a questo oscuro locus dell’orco. Più riuscita, piuttosto, la scena debitrice di Inferno (1980) che vede la protagonista, interpretata dalla Bryant (Demoni 2, 1986), tuffarsi in una piscina lercia per recuperare un foglio ed essere aggredita dai cadaveri. Le performance degli attori non sono scadenti: discreto Paolo Malco, volto noto del cinema bis. Presenza moderatamente cult di una Sabrina Ferilli primo sale con l’aspetto di una grezza Esmeralda. La sceneggiatura senza guizzi e alcuni momenti eccessivamente lenti concorrono a non rendere particolarmente avvincente la Casa dell’orco che cerca di creare atmosfera e si dimentica di curare meglio lo svolgimento dei fatti, per quanto sia apprezzabile sia la volontà di recuperare il personaggio dell’orco tipico della fiaba nera, sia l’inserimento di un soffuso erotismo. Il successo ottenuto all’estero con Demoni (1985) porta i distributori d’Oltralpe a fare una gran confusione con i titoli, dato che la Casa dell’orco diventerà Demons 3 quando già la Chiesa (1989) di Soavi e Demoni 3 (1991) di Lenzi avevano quel titolo. Voto di questo capitolo: cinque.

Una Notte al cimitero. Due giovani donne e tre fresconi che amano passare le vacanze taccheggiando e non fermandosi ai posti di blocco, finiscono per trovare rifugio in un cimitero. Nei pressi, si trova una locanda in cui i cinque si rifocillano, sfidati dal sinistro oste a vincere il contenuto di una cornucopia. Per i ragazzi ha inizio una brutta avventura. ∎ Pezzo semiparodistico di horror che ha una sceneggiatura derivativa e una recitazione, o meglio dire doppiaggio, da spavento, l'unico vero spavento di tutto il film. Non che tutto sia pessimo: Bava riesce a sfruttare discretamente le ambientazioni, in particolar modo quelle catacombali, grazie a un valido uso delle luci ma, nel complesso, una Notte al cimitero scivola fra le braccia di diverse altre pellicole, dando l'impressione che al progetto non sia stata dedicata molta attenzione, preferendo, invece, concretizzare alla bene e meglio un film da dare in pasto ai neo-teledipendenti con un minimo di cultura cinematografica in modo che cogliessero le citazioni. Quindi, ecco l’avventura hopperiana di giovani sguinci che si perdono nella campagna italiana e finiscono nella casa sbagliata, non prima di un accadimento che verrà ripreso in chiusura e che darà senso ai fatti narrati; siamo dalle parti di Carnival of Souls (1962). Dardano Sacchetti, tuttavia, con un colpo di coda, devia dal plagio e s'inventa una soluzione finale un po' diversa che forse ha ispirato quelli di Reeker (2005). Si notino, inoltre, le similitudini nell’incipit e in chiusura fra questo film e la Casa nel tempo (1989). Nel mentre, Bava fa il verso a se stesso e al suo babbo citando Mérimée (la Venere d'Ille, 1979). La cena dei mostri che si spaventano all'arrivo dei giovani, oltre ad essere un esercizio di effettistica, prova lo spirito ironico di questo horror e un gusto per la bizzarria visiva, entrambe cose rare nel nostro cinema ma, ahimè, un po' sprecate in questo prodotto. Cast senza alcun futuro, tranne Lino Salemme (che ride troppo) nei panni dell'oste, e un giovanissimo Gianmarco Tognazzi che sembra proprio l'amico del liceo, quello stronzo. Nota a margine: per molto tempo circolò un'oscena locandina con un macchione nero su cui è stato sovraimpresso il titolo del film poiché, per l'Italia, non venne creata nessuna locandina ufficiale. Per la copertina del DVD, quindi, fu presa la locandina della distribuzione internazionale e fu cancellato il titolo Graveyard disturbance tramite un’antiestetica macchia nera. Voto: quattro.

Per sempre . Carlo (David Brandon) e Linda (Gioia Scola), coppia omicida, vive sotto lo stesso tetto con il cadavere del marito di lei seppellito poco distante. Alla loro locanda verrà assunto un misterioso aiuto-cuoco del quale Linda s’invaghisce ma che si rivelerà la reincarnazione del defunto coniuge. ∎ Scritto da Dardano Sacchetti come ipotetico seguito de il Postino suona sempre due volte (1981) ma, in pratica, rielaborazione di Shock (1977) di Mario Bava con il ritorno di un defunto e un bambino, il figlio di Linda, che dovrà vedersela con il soprannaturale. Come per gli altri film del ciclo, Bava si scatena in rimandi all’horror passato, soprattutto a quello del padre. Poco brio ma anche, dei quattro film, quello che ne esce meglio, almeno a livello di atmosfere cupe e lacustri. Comparto attoriale, però, tragico, con la Scola che proprio non ci sa fare per un film non pessimo in sceneggiatura che avrebbe dovuto sottolineare meglio (in via recitativa) il fatto che si tratta di una storia abitata completamente da personaggi negativi. Per sempre passa alla storia sia per essere il migliore della serie Brivido Giallo, sia in quanto segnare la frattura fra Lucio Fulci e Dardano Sacchetti, storici collaboratori; Fulci diceva che Sacchetti gli aveva rubato l’idea del film vendendola a Bava. Bah. Magro bottino. Voto: cinque.

A cena col vampiro . Quattro giovani, dopo un provino, vengono invitati al castello del regista horror Yurik (George Hilton), un vampiro. ∎ Prodotto con finalità televisive e, coerentemente, partecipazione di volti della caratura di Patrizia Pellegrino, Riccardo Rossi e Yvonne Sciò, notevole tridente di pessimi. Ma trasmette ancor più mestizia la presenza di uno spaesato George Hilton ingaggiato per fare il Dracula moderno, refrattario a luce e aglio. Per non parlare di Daniele Aldrovandi che ripropone l’Igor melbrooksiano che faceva al Drive-in con Gaspare e Zuzzurro. Insomma, film tv all’ennesima potenza anche nei dialoghi e nella fotografia. Qualche guizzo splatter e gli ambienti interessanti non salvano. Bava inizia citando la Maschera del demonio (1960) del papà, e pure altri film, ma poi alza le mani e si abbandona con mollezza a una commedia horror che vorrebbe rileggere il classico della paura con ironia ma esita nell’imbarazzo generale, anche perché il registro comico non è nelle corde del regista. Rivalutabile da chi è in cerca di cringe. Però carina Valeria Milillo, sembrava un po’ Rizzo di Grease. Sacchi... tre!

TRIVIA

⟡ Nessun dato, per ora.

Regista:

Lamberto Bava

Durata, fotografia

90' circa, colore

Paese:

Italia

Anno

1987-88

Scritto da Exxagon nell'anno 2009; testo con licenza CC BY-NC-SA 4.0

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